Sviluppo di datacenter Linux con CoreOS

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Le migliori invenzioni si realizzano nei garage. Così come i due famosi Steve furono capaci di creare da zero il primo Mac, così i creatori di Google concepirono il loro motore di ricerca proprio in un garage. Qualche anno fa, in un garage della Silicon Valley – ma cosa ci sarà mai in questi garage ?!? – Alex Polvi, prendendo spunto da ChromeOS, pensa ad un qualcosa di simile per il mondo server.

Nasce così CoreOS.

CoreOS è praticamente una leggerissima distribuzione Linux solo con kernel e systemd. Questa distribuzione, che effettua il boot in un paio di secondi, è pensata per chi deve realizzare e gestire cluster di centinaia, addirittura migliaia, di nodi. Praticamente permette di realizzare, con hardware di proprietà, un’infrastruttura IT come quella di Amazon o Google. Ne abbiamo già parlato in questo articolo: oltre ad essere già disponibile sui sistemi cloud di Amazon, di Rackspace e di Google ultimamente anche Microsoft ne ha annunciato la disponibilità su Windows Azure.

Il prodotto è interessante: in poco tempo ha avuto migliaia di raccomandazioni su GitHub ed una cifra compresa tra uno e cinque milioni di dollari da gruppi di investimento privati.

CoreOS, il cui codice è interamente disponibile su GitHub, è fortemente basato su docker, etcd e systemd oltre ad avere un sistema di aggiornamento del sistema operativo sottostante molto innovativo chiamato FastPatch:

We believe that frequent, reliable updates are critical to good security. Unfortunately, existing configuration management tools often encounter inconsistent state from machine to machine within a large cluster. This makes running an update on large production deployments even more complex.

(Crediamo che frequenti e affidabili aggiornamenti siano critici per ottenere una buona sicurezza. Sfortunatamente, i tools di gestione delle configurazioni possono incontrare macchine con stati inconsistenti all’interno di grandi cluster. Questo rende ancora più complesso l’installazione di aggiornamenti.)

FastPatch aggiorna l’intero sistema operativo in un’unica soluzione, non i singoli pacchetti, su uno schema di partizioni attivo/passivo e siccome le applicazioni e le configurazioni risiedono in ambienti completamente separati e indipendenti, non si corre il rischio di lasciare alcuni nodi del cluster in uno stato di inconsistenza.

Quindi se l’esigenza è quella di creare un cluster, CoreOS rappresenta davvero un’ottima scelta.

Alto biondo e ricciolino, ecco esattamente il contrario.

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