Il 2021 è l’anno di Linux sul desktop. Davvero. Senza ombra di dubbio.

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Quante volte noi utilizzatori di Linux abbiamo sentito questa frase? Il motivo è sempre stato chiaro a tutti: Linux, purtroppo, ha nel runlevel 5 (o 4) il suo punto debole. Quali sono i problemi delle interfacce grafiche che girano su Linux? Performance? Usabilità? Interoperabilità? La lista sarebbe molto lunga, e le motivazioni che ci hanno portato all’attuale situazione sono varie.

Il venerando protocollo X, ad esempio, ha numerosi punti di forza: il suo concetto di protocollo “client” e “server”, croce e delizia, ha permesso di realizzare il concetto di rendering remoto, di poter quindi lanciare applicazioni su un server e poter visualizzare la loro parte grafica in locale; il poter quindi far transitare il tutto in un tunnel ssh inverso, per poter installare software che preveda un’interfaccia grafica, senza essere fisicamente davanti all’installer. Il concetto stesso di nesting, la modularità dei suoi componenti, il supporto per quasi ogni scheda grafica esistente, la possibilità di configurare anche il più piccolo dettaglio, dalle caratteristiche del monitor alla RAM dedicata per la scheda grafica, il tutto implementato con uno sforzo di compatibilità all’indietro talmente grande da risultare quasi commovente. Le direttive stesse scelte dagli autori, Bob Scheifler e Jim Gettys, che avrebbero guidato tutti gli sviluppi del protocollo X sono così sane e ragionevoli da risultare adatte a qualsiasi soluzione software:

Do not add new functionality unless an implementor cannot complete a real application without it.

It is as important to decide what a system is not as to decide what it is. Do not serve all the world’s needs; rather, make the system extensible so that additional needs can be met in an upwardly compatible fashion.

The only thing worse than generalizing from one example is generalizing from no examples at all.

If a problem is not completely understood, it is probably best to provide no solution at all.

If you can get 90 percent of the desired effect for 10 percent of the work, use the simpler solution.

Isolate complexity as much as possible.

Provide mechanism rather than policy. In particular, place user interface policy in the clients’ hands

(Non aggiungere nuove funzionalità a meno che chi la implementi non possa creare una vera applicazione senza di essa. Il decidere cosa non sia un sistema è importante tanto quanto il decidere cosa un sistema sia. Non cercare di risolvere tutti i problemi del mondo: piuttosto, rendi il sistema estensibile in modo che i bisogni possano essere soddisfatti in una modalità compatibile. L’unica cosa più sbagliata di generalizzare da un esempio e il generalizzare da nessun esempio. Se il problema non è completamente compreso, forse è meglio non fornire alcuna soluzione. Se riesci ad ottenere il 90% dell’effetto desiderato con il 10% del lavoro, usa la soluzione più semplice. Isola la complessità il più possibile. Fornisci meccanismi anzichè policy. In particolar modo, fai in modo che la policy dell’interfaccia sia nelle mani del client)

Ma il protocollo X ha anche parecchi problemi, intrinseci nel suo design e quindi impossibili da risolvere: problemi di sicurezza, di performance rispetto ai suoi concorrenti, e soprattutto il concetto di base con cui è stato concepito, e cioè chi fossero gli utenti finali designati al momento della sua nascita: gli amministratori di sistema.

Tutti questi elementi uniti insieme hanno creato un software meraviglioso e completo dal punto di vista della configurabilità e della versatilità, ma al tempo stesso parecchio scomodo e complicato per dei semplici utenti dalle scarse pretese oltre che l’avere un’interfaccia grafica veloce, performante e della quale configurare soltanto la dimensione dello schermo, la risoluzione e i colori.

Il protocollo Wayland, il successore di X, avrebbe dovuto essere la risposta moderna a tutte le problematiche sopra menzionate; avrebbe potuto prendere il buono di tutto ciò che era stato sviluppato negli ultimi vent’anni, scartando le problematiche di design, svecchiando gli elementi nati in un contesto storico differente, e creando qualcosa di nuovo dalle ceneri del suo predecessore. Purtroppo, come spesso accade nell’ecosistema GNU/Linux moderno, chi ha iniziato a sviluppare il nuovo protocollo ha deciso di ignorare completamente i propri predecessori, di creare un prodotto completamente da zero, secondo paradigmi e decisioni architetturali completamente arbitrarie – e soprattutto ignorando qualsiasi possibile compatibilità all’indietro: col risultato, prevedibile, di creare delle divisioni interne alla community, e quindi avendo un impatto negativo sulla salute della community stessa.

Un destino simile ha subito GNOME, il quale, dalla sua versione 3, è un pallido ricordo del Desktop Manager che ha accompagnato le prime distribuzioni Linux. Anche in questo caso, non è stato adottato un processo di design e sviluppo globalmente accettato e condiviso, e sono state prese alcune decisioni arbitrarie che hanno reso l’interfaccia più lenta, meno usabile, e che hanno portato la creazione di fork da parte di chi non era d’accordo con il nuovo design – uno fra tutti Linus Torvalds stesso.

The developers have apparently decided that it’s ‘too complicated’ to actually do real work on your desktop, and have decided to make it really annoying to do

“Gli sviluppatori hanno deciso sostanzialmente che sia troppo complicato il poter davvero lavorare sul proprio desktop, e hanno deciso di renderlo il più scomodo possibile”

Anche in questo caso c’è stata una divisione, e, anzichè portare lo sviluppo verso una direzione condivisa e con decisioni prese collegialmente, magari da un gruppo di persone dal background tecnico e personale di un livello adatto alla delicatezza del tema, la community ha preso molteplici strade, scindendosi in gruppi, ognuno dei quali ha voluto avere la pretesa di conoscere il modo migliore di procedere. Probabilmente è questo il problema maggiore dell’Open Source, che nasce purtroppo dalla sua forza: la totale democrazia nelle decisioni, e conseguentemente il chiudersi sulle proprie posizioni e il non ascoltare le esigenze degli utenti finali, incastrandosi in tecnicismi che poco interessano all’utente medio.

Ed è per questo che da anni sentiamo questa fase, in tono di scherno: “Questo è l’anno di GNU/Linux sul desktop!” da parte di utilizzatori di interfacce grafiche ben più blasonate, prodotte da corporazioni che, sì, hanno davvero a cuore l’opinione degli utenti, in quanto paganti. Ed è per questo che siamo costretti a dover apprendere che il 2021 è, per davvero, l’anno di Linux sul Desktop, ma non per merito della community Open Source.

Difatti, Google è riuscita a vendere circa 12 milioni di Chromebook nel solo primo quarto del 2001. E i dati di vendita indicano che il trend è in crescita.

Chromebook è effettivamente un laptop a basso costo, dal consumo energetico risibile, che fa girare Chrome OS ed è una delle periferiche attualmente più usate nelle scuole americane, dove i ragazzi possono utilizzarlo per loggarsi su Google Classroom, tramite il loro account Google, rigorosamente obbligatorio anche solo per utilizzare il sistema operativo. E a tutti gli effetti è un sistema operativo Linux. Quanto sarebbe stato difficile poter costituire un progetto di questo tipo, negli USA, con finanziamenti statali, portando il concetto stesso di “Open Source” in un contesto pratico e di sani principi come può essere l’insegnamento?

E’ stata l’ennesima occasione persa, tra una fork e l’altra, o in mezzo ad una discussione di technicalities che non interessano a nessuno.

Sostenitore di lunga data dell’Open Source, Sysadmin ma anche programmatore, mi appassiona qualsiasi cosa nell’IT che possa permettere un’espressione di creatività. Nostalgico della filosofia dei tempi andati, ma incuriosito dalle potenzialità dei paradigmi moderni.

8 risposte a “Il 2021 è l’anno di Linux sul desktop. Davvero. Senza ombra di dubbio.”

  1. Avatar golden
    golden

    Ma davvero l’autore di questo articolo crede che il successo dei Chromebook sia una questione meramente tecnica?

    Mi sembra un’opinione di una miopia incredibile: se Chromebook ha successo è perché c’è una precisa strategia commerciale, sostenuta dei soldi e dal “peso” di Google (oltre che dall’integrazione con i suoi servizi).

    D’altro canto, ChromeOS è quello che è anche perché Linux è quello che è già che si basa(va?) su Gentoo Linux, non proprio la più mainstream delle distribuzioni.

    Viceversa, non vedo come gli esempi di Wayland e Gnome supportino la narrazione del “il male di linux sono i troppi progetti/ le divisioni/ i fork”, giacché (correggetemi se sbaglio) proprio questi progetti sono sostenuti dalla più commerciale (e anche di successo) delle linxu company “tradizionali”, ovvero Red Hat.

    In generale, non comprendo questo tono da eterna sconfitta da parte di alcuni utenti (gnu)linux: la comunità è sana, i progetti fioccano, le installazioni (anche se poco) crescono costantemente (guardiamo le statistiche, anche senza considerare chromeos e android), linux è dappertutto e in generale le filosofie free ed open source hanno avuto un successo – forse insperato – in tutti i settori, commerciali e non e persino in ambito hardware negli utilimi anni.

    Insomma, non mi sembra un bilancio così pessimo dopo 25 anni.

  2. Avatar xan
    xan

    qualcuno mi deve spiegare perchè chrome os è meno open source di RHEL

  3. Avatar Geek Falcon
    Geek Falcon

    Sicuramente il 2021 è l’anno in cui GNU/Linux ha fatto diventare Windows Server una tecnologia legacy, ma non certamente Windows 10 (e il nuovo 11). La questione di Android è diversa: è vero che ha kernel Linux ma manca tutto l’ecosistema libero, e privo di spyware, che offre GNU e le distribuzioni GNU/Linux.

  4. Avatar Twenty-Seven
    Twenty-Seven

    A me invece è sempre stato poco chiaro il perché si attenda ”l’ anno di Linux sul desktop” come l’ avvento di un messia. Non è per trollare o scatenare flame, è che proprio si tratta di un non problema a mio avviso.
    Per un utente non tecnico, o comunque non appassionato di informatica, un pc o un telefonino è un ”pezzo di hardware” che gli serve per fare il lavoro che deve fare; come funziona sotto il cofano poco gli importa. Nessuno (a parte tecnici o appassionati di cui sopra…) compra un iPhone perché c’è iOS o Android perché c’è Linux. Lo compra perché c’è una particolare fotocamera che gli permette di fare le foto che gli servono, perché si trova meglio con una determinata interfaccia, o magari solo per ragioni estetiche o di brand (e non c’è nulla di male).
    Io ad esempio che non sono un appassionato di automobili, cosa cerco in un’auto? Che mi porti da A a B in modo sicuro e comodo, che sia affidabile, che consumi poco e che in caso di guasto il servizio di assistenza sia accettabile. Punto. Per un meccanico o un appassionato questo non basta, lui magari vuole qualcosa che sia innovativo a livello di progettazione, che utilizzi una soluzione piuttosto che un’altra, magari che un particolare componente abbia un design open per poterci mettere le mani piuttosto che una soluzione proprietaria della tal casa automobilistica, ecc… Ma queste sono, appunto, ”technicalities”…
    Per cui, tornando al post, non penso che l’ anno di Linux sul desktop non sia venuto perché la community si è persa in fork e technicalities, ma perché porsi il problema di quale os usare sul desktop è già di per sé una ”technicality”. E al di fuori della cerchia di tecnici e appassionati le technicalities non interessano a nessuno…

  5. Avatar Rickyx
    Rickyx

    Ma chi usa al 100% un desktop linux? O comunque al 90% del tempo?

    Perché devo dire che su Windows, grandioso desktop, mi trovo veramente male. Dalle cose più banali come spostare i file, che trovo estremamente scomodo, al focus del cursore. Oppure dover aprire 10 finestre per configurare la rete.
    Sono abituato a Gnome da più di 10 anni (“Ah, no ma vai su Kde!”, “Ok, il prossimo anno.” 🙂 ), unico sistema (non ho il dual boot…) e trovo le più banali operazione di gestione del sistema molto ben strutturate.

    Sono d’accordo con golden sulle operazioni commerciali per la spinta di prodotti mediocri: dalle scuole che ci sottopongono un mono-sistema (Microsoft, Adobe, Autodesk per il mio settore), alle testate di tecnologia che elogiano questo/quello. Almeno si provassero altri software…

    ps. non sono un informatico: sono un architetto e con linux ho disegnato edifici effettivamente realizzati… Non è per tirarmela ma di software ce ne sono per tutti i gusti e poter parlare con gli sviluppatori è impagabile ).

  6. Avatar Maurizio Tosetti
    Maurizio Tosetti

    Io sono uno di questi. A bordo ho Debian 11

  7. Avatar Massimiliano
    Massimiliano

    Io pure, sia KDE che GNOME con Fedora.

  8. Avatar golden
    golden

    “Ma chi usa al 100% un desktop linux? O comunque al 90% del tempo?”

    Presente!
    Uso casual, non sono un informatico, ma uso GNU/Linux (Debian) da più di 10 anni senza rimpianti (e senza dual boot)

    PS: se potessi lo userei anche a lavoro (browser, email, office), e con i software che usiamo si potrebbe tranquillamente…

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