La voce opensource di Mycroft vi darà ascolto.

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Una delle trovate cinematografiche da sempre più affascinanti nei film di fantascienza è poter parlare col computer (o il robot) di turno. Giusto per citarne uno: HAL 9000 (e se non sapete a cosa ci riferiamo dovete porre subito rimedio!).

Il fulcro del problema è il codice per implementare NLP (Natural Language Processing – analisi del linguaggio naturale), ovvero la capacità per un elaboratore di sentire una frase e comprenderne il significato, come una persona qualsiasi. Cosa ben diversa si ha sia da un riconoscimento vocale, dove il contenuto della frase non ha importanza, analizzando le caratteristiche per identificare una persona, sia da una attivazione vocale, nella quale un suono viene confrontato con una serie di suoni memorizzati per trovarne uno simile (anche qui ignorando il significato).
Forse spinti da questa immagine del futuro, negli ultimi anni gli assistenti vocali con NLP sono proliferati e migliorati tanto da permettere (quasi) una conversazione. Le voci di Home (Google), Alexa (Amazon), Cortana (Microsoft) e Siri (Apple), che troviamo nei nostri telefonini, per quanto abbiano timbri e capacità diverse condividono però una caratteristica: sono closed source. La tecnologia che offrono è tanto strategica che anche aziende “normalmente” aperte a condividere il proprio codice custodiscono questo come un tesoro.

Niente alternative open, allora? Una c’è: Mycroft. Nato due anni fa su kickstarter, il progetto (e la startup collegata) continuano a suscitare interesse; e il codice è tanto maturo da aver attirato l’attenzione (e la sigla di contratti) di case automobilistiche come Jaguar o General Motors (l’assistente vocale alla guida è forse l’applicazione più interessante e immediata, al momento).
Come sempre, il fulcro del progetto è una community: chiunque è invitato a scaricare e migliorare il codice!
Se siete interessati a partecipare, non servono grandi mezzi: basta un RaspberryPi per avere un piccolo assistente casalingo. E se volete solo un oggetto da usare esiste, sempre basato su RaspberryPi, il Mark 1 (e no, il nome non l’ho scelto io!).

La sfida si preannuncia interessante, anche se le forze in campo sembrano impari: i colossi dell’informatica contro la pulce opensource. Ma forse questa caratteristica si dimostrerà vincente. Ancora una volta.

Ho coltivato la mia passione per l’informatica fin da bambino, coi primi programmi BASIC. In età adulta mi sono avvicinato a Linux ed alla programmazione C, per poi interessarmi di reti. Infine, il mio hobby è diventato anche il mio lavoro.
Per me il modo migliore di imparare è fare, e per questo devo utilizzare le tecnologie che ritengo interessanti; a questo scopo, il mondo opensource offre gli strumenti perfetti.

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