Ha fatto la sua comparsa nel 1981 sul primo Personal Computer, l’IBM 5160, il BIOS (Basic Input/Output System) accompagna ormai da decenni tutti i nostri PC i quali non sarebbero nemmeno in grado accedersi senza di esso.
Nei primi anni 2000, con l’avvento delle CPU a 64bit, è stata necessaria l’introduzione di un nuovo sistema per gestire il processo di avvio ed Intel ha sviluppato un nuovo standard, l’EFI (Extensible Firmware Interface). Solo nel 2011, con i processory Sandy Bridge si è iniziato il vero switch verso un’ulteriore evoluzione di EFI, l’UEFI (Unified Extensible Firmware Interface).
L’UEFI si divide in varie classi, ognuna con le proprie caratteristiche in grado di offrire una sorta di retrocompatibilità con il BIOS, ed attualmente quella più diffusa è la classe 2. La classe 3/3+ (il + indica che Secure Boot è abilitato) è disponibile solo sui Microsoft Sufrace Book.
Durante l’UEFI Plugfest di quest’anno tenutasi a Taiwan, Intel ha annunciato che, per quanto riguarda le sue CPU, dal 2020 non supporteranno più il BIOS. AMD al momento non si è ancora pronunciata in merito.
Alla maggior parte degli utenti questo cambiamento poco interessa, per tutti gli altri significa niente più 32-bit (e già diverse distro Linux stanno iniziando a non supportare più questa architettura) e l’impossibilità di far funzionare hardware datato.
Non ci resta che la virtualizzazione?
Affascinata sin da piccola dai computer (anche se al massimo avevo un cluster di Mio Caro Diario), sono un’opensourcer per caso, da quando sono incappata in Mandrake. Legacy dentro. Se state leggendo un articolo amarcord, probabilmente l’ho scritto io.
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