Donne ed IT, perché i numeri sono così bassi?

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Nel recente report pubblicato dal Chartred Institute for IT viene analizzato il grado di diversità (che nella sua traduzione inglese, diversity, rende di più l’idea) nell’attuale mondo IT.

Quante donne lavorano oggi in ambito informatico? Come sono pagate? I numeri, ahi noi, non sono per nulla incoraggianti.

Solamente un lavoratore su cinque è donna (nello specifico il 17%) ed in media questa viene pagata il 15% meno di un uomo. Per dare un’idea dei numeri, le persone disabili sono l’8% ed in generale, nell’ambito lavorativo la distribuzione dei generi è al 47% femminile e 12% sono le persone disabili. Uno squilibrio che balza decisamente all’occhio e fa pensare che l’informatica sia prevalentemente una professione maschile. Perché? Prova a spigarlo Rebecca George, vice-president di BCS:

Men run most of the organisations in our sector, so we have to start there. As they are four times more likely than women to say that they don’t see discrimination happening, we clearly need to change the entire way that they think

Gli uomini sono la maggioranza nel nostro settore, quindi bisogna partire da qui. Visto che sono quattro volte tanto le donne a dire che non vedono discriminazione dobbiamo cambiare l’intera modalità con cui pensano

Lo studio si applica alla sola Gran Bretagna e si riferisce all’anno 2016, ma è chiaramente specchio verso il resto del mondo. Cosa serve davvero per invertire la tendenza ed iniziare a cambiare le cose?

Prova a rispondere nuovamente la George:

There are lots of examples where simple, organisational changes can be made to alter the status quo – but it will require a myriad of changes, sustained focus and collaboration across organisations, employers, government, schools and community groups if we’re to change anything

Ci sono molti esempi dove per modificare lo status quo bastano semplici interventi sull’organizzazione. Se vogliamo cambiare qualcosa, una miriade di cambiamenti sarà necessaria, questi dovranno essere sostenuti e realizzati in collaborazione con le organizzazioni, i dipendenti, i governi, le scuole ed i gruppi comunitari.

Seguendo la discussione presente nell’articolo di The Register si capisce come invertire la tendenza non sembra certo una cosa facile e soprattutto immediata, ma certamente cominciare a parlare del problema è un inizio.

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
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Una risposta a “Donne ed IT, perché i numeri sono così bassi?”

  1. Avatar Kim Allamandola
    Kim Allamandola

    Io suggerirei una valutazione più complessa: quanti nell’IT sono soggetti validi?
    In genere le donne nei settori scientifici hanno una preparazione valida ovvero se si son spese anni per formarsi non vogliono poi lavori non gratificanti altrimenti tanto valeva un diploma a caso e far la segretaria/estetista/… D’altro canto ricordo tanti “colleghi”, studenti, dei tempi dell’uni che eran li perché i genitori ce li avevan mandati perché a far l’ingegnere si guadagna bene, l’IT è un settore in continua crescita nonostante tutto ecc ecc ecc.

    La sintesi è: se togliamo code monkeys, commerciali e tecnici vari (dagli help desk in su) dal computo del “personale IT” qual’è la percentuale che resta in totale e che divisione di genere ha? Sicuramente mi aspetto una predominanza maschile per mera questione culturale ma non me la aspetto così netta.

    Al di la di ciò, come osservazione personale, statisticamente certo non significativa, ho notato che le donne tendono ad “integrarsi” meglio nell’ambiente intorno a loro questo in facoltà si traduce in migliori risultati ma con una completa fiducia nel sistema di insegnamento. In altri termini quando escono hanno una preparazione teoricamente migliore ma essendo il percorso di studi talvolta discutibile questa preparazione non risulta vantaggiosa sul lavoro. E altresì, sempre statistica personale, l’uomo tende a sopravvalutarsi, la donna a sottovalutarsi quindi il bipede tipo (anche femminile eh) che seleziona cv troverà mediamente cv “migliori” (stando all’autore, ovvio) maschili che non femminili. Ovviamente poiché la maggior parte dei selezionatori, almeno “di prima istanza”, non sono generalmente per nulla competenti nel settore in cui selezionano sono portati a prediligere chi scrive che conosce n linguaggi (non sapendo, ne comprendendo che magari si ferma al hello world), che parla benissimo 5/6 lingua (magari solo buongiorno, grazie, prego e vaffa in 5/6 lingue) ecc.

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