Ogni anno ci dicono che sarà l’anno di Linux su desktop ed ogni anno alziamo il sopracciglio.
Anche se per quanto riguarda l’ambito server il Pinguino regna sovrano, i numeri lato desktop sono nettamente inferiori: solo il 2,1% degli utenti ha scelto di affidarsi a Linux.
Una teoria per spiegare questo poco successo arriva dallo stesso Linux Torvalds che, in una recente intervista, si è detto un po’ “stanco” dell’eccessiva frammentazione di Linux, e sottolineando che prodotti come i Chromebook ed Android sono quelli che potrebbero conquistare il pubblico.
In poche parole, nonostante Linux abbia fatto della customizzazione uno dei suoi maggiori punti di forza, forse per il desktop sarebbe stato meglio standardizzare tutto e condividere tra le varie distribuzioni.
Torvalds si è detto interessato anche a software come Flatpak e Snap che consentono di installare e mantenere software su distribuzioni differenti. Resta però infastidito dal “campanilismo” creato rispettivamente da Red Hat e Canonical in merito a queste soluzioni.
Non c’è effettivo interesse per lo sviluppo desktop e la maggior parte del lavoro, al momento, è svolta dalla community per progetti come ad esempio Ubuntu, Fedora o openSUSE.
Cosa fare per uscire da questa sorta di circolo vizioso? Qualcuno propone una sorta di “fondazione” che si occupi dello sviluppo e si coordini poi con le varie community per offrire un ambiente un po’ più standardizzato.
In questo modo, forse, Linux riuscirebbe a prendere piede anche fra gli utenti meno esperti perché, siamo onesti, ad oggi chi sceglie di usare Linux non è una persona informaticamente a digiuno.
Ma forse noi siamo contenti così…
Affascinata sin da piccola dai computer (anche se al massimo avevo un cluster di Mio Caro Diario), sono un’opensourcer per caso, da quando sono incappata in Mandrake. Legacy dentro. Se state leggendo un articolo amarcord, probabilmente l’ho scritto io.
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