Leggendo le notizie di cronaca non possiamo non notare come i rapporti tra Cina e Stati Uniti si stiano incrinando sempre di più.
Dopo che gli eventi di quest’anno hanno portato Huawei a -quasi- abbandonare il sistema di Microsoft ed iniziare a vendere i propri prodotti con Linux preinstallato, il prossimo grosso passo pare sarà compiuto dallo stesso governo cinese.
Già perché stando a notizie provenienti dal Chinese Communist Party Central Office, ovvero l’ufficio centrale del partito al governo del paese, con lo scopo di rimpiazzare qualsiasi computer che non esegue software cinese (probabilmente in risposta al recente ban di hardware e startup imposto dagli Stati Uniti), entro il 2022 il governo non avrà più computer che eseguono il famoso sistema operativo di casa Microsoft.
E quale sarà il rimpiazzo? Ovviamente Linux! Sicuramente una distribuzione di fattura cinese, come ad esempio Kylin Linux.
Gli step per raggiungere questo scopo sono ben definiti, e si strutturano in 3 fasi:
- Il 30% dei PC Windows rimpiazzati entro il 2020;
- Un ulteriore 50% nel 2021;
- Il rimanente 20% entro la fine del 2022;
Considerando la dimensione delle infrastrutture governative del paese dell’est, stiamo parlando di circa 20/30 milioni di computer da rimpiazzare in totale.
Un duro colpo per mamma Microsoft? Sicuramente si, se consideriamo che questa mossa sarà plausibilmente seguita dalla richiesta di fare lo stesso dal governo verso le aziende private su territorio cinese, nonostante gli sforzi dell’azienda di Redmond per tenersi ben stretti quel mercato (ad esempio con la Chinese Government Edition di Windows 10 rilasciata nel 2017).
Certo, questo sicuramente vorrà anche dire che vedremo un certo salto in avanti per quanto riguarda l’utilizzo di sistemi Linux.
Nonostante l’innata tendenza del governo Cinese a controllare e censurare qualsiasi cosa -in netto contrasto con la filosofia del pinguino- faccia pensare che questa fantomatica distro (indipendentemente da quale essa sarà) sarà ben custodita e poco “aperta al mondo”, limitando l’impatto che la forza-lavoro che sicuramente il governo riverserà in essa porterà beneficio all’intera community.
Il processo sarà lungo e non semplice (stiamo parlando di far cambiare OS a milioni di utenti), e sulla carta potrebbe anche portare benefici al nostro amato sistema operativo, ma i dubbi son tanti.
Sarà quindi il 2022 l’anno di Linux?
Utente Linux/Unix da più di 20 anni, cerco sempre di condividere il mio know-how; occasionalmente, litigo con lo sviluppatore di Postfix e risolvo piccoli bug in GNOME. Adoro tutto ciò che può essere automatizzato e reso dinamico, l’HA e l’universo container. Autore dal 2011, provo a condividere quei piccoli tips&tricks che migliorano il lavoro e la giornata.
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