Diamanti: Kubernetes dal datacenter al cloud

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Lo diciamo sempre, Kubernetes ha vinto. Tutti bene o male stanno andando in quella direzione e ne è consapevole più di tutti Tom Barton, CEO di Diamanti:

It’s a big deal. It’s going to take over the world, because it’s just fundamentally more efficient. It’s game over. […] If you’re a Fortune 500 company and you don’t develop using cloud native principles and containers and Kubernetes at this point, you’re doing it all wrong.

E’ un grosso problema. Sta prendendo possesso del mondo, perchè è fondamentalmente più efficente. E’ la fine dei giochi […]. Se sei un’azienda nel Fortune 500 e non sviluppi usando i principi del cloud-native o i container e Kubernetes a questo punto, stai sbagliando tutto.

Certo, se consideriamo di cosa si occupa Diamanti, siamo nella situazione in cui “l’oste ci dice che il vino è buono”.

Diamanti infatti è un’azienda che si occupa di fornire infrastrutture Kubernetes in maniera semplice, come fosse un appliance. Loro forniscono hardware, substrato di servizi (network, storage, etc.) e una piattaforma su cui eseguire le applicazioni, tutto basato sull’oramai famosissimo software nato in casa Google.

Ma nonostante questa realtà sia oramai consolidata, Barton sta già guardando al futuro e comprendendo che oramai l’on-premise tenderà a scemare un funzione del cloud pubblico. Lo stesso cita una conversazione fatta con il CTO di Barclay’s in cui quest’ultimo afferma che entro 5 anni il 50% della loro capacità sarà on-premise ed il 50% nel cloud. E secondo Barton questa stima è pessimistica.

Ma in realtà entrambe le soluzioni stanno al momento crescendo e, quindi, se da un lato Diamanti continua a cercare accordi per fornire il miglior hardware per i datacenter dei suoi clienti, dall’altra sta generalizzando il proprio framework per poter eseguire applicazioni indipendentemente siano esse in locale o sul cloud, andando così a proporre una soluzione (altra parola di molto hype negli ultimi anni) ibrida.

We want to be the mechanism by which you think about brokering data and workloads back and forth to the public cloud. We ultimately don’t care what the underlying infrastructure is. That’s kind of the beauty of Kubernetes. If you write to the Kubernetes API, and somebody is Kubernetes certified, then it should work.

Vogliamo essere il meccanismo a cui si pensa quando si parla di distribuire dati e carichi di lavoro da e per il cloud pubblico. Alla fine non ci interesserà quale sarà l’infrastruttura sottostante. Questa è la bellezza di Kubernetes. Se scrivi per le API di Kubernetes, e qualcuno (chi fornisce la soluzione, ndt.) è certificato per Kubernetes, allora dovrebbe funzionare.

Stiamo quindi iniziando a vedere delinearsi un nuovo player che, a differenza di soluzioni quali OpenStack, vuole fornire un’esperienza più “pura”, nel termine Kubernetes-centrico, di infrastrutture ibride?

Proprio la semplicità (almeno in superficie) e scalabilità di Kubernetes non rende la visione di Diamanti ottima per quanto riguarda l’on-premise, ma più debole per quanto riguarda il cloud (in cui gli stessi provider forniscono soluzioni Kubernetes pronte all’uso)?

Solo il tempo ce lo dirà, noi come sempre seguiremo anche le evoluzioni di questa realtà.

Utente Linux/Unix da più di 20 anni, cerco sempre di condividere il mio know-how; occasionalmente, litigo con lo sviluppatore di Postfix e risolvo piccoli bug in GNOME. Adoro tutto ciò che può essere automatizzato e reso dinamico, l’HA e l’universo container. Autore dal 2011, provo a condividere quei piccoli tips&tricks che migliorano il lavoro e la giornata.

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