Quattro editori hanno fatto causa a Internet Archive per violazione di copyright, vincendo

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È recentemente salita agli onori delle cronache la causa Hachette v. Internet Archive che, come ampiamente raccontato da The Verge, vede quattro grosse (grossissime) case editrici scontrarsi con Internet Archive, la biblioteca non-profit che racchiude in sé milioni di libri, film, software, musica e via dicendo.

L’accusa è quella di aver pubblicato digitalizzazioni di libri senza averne il permesso ed il primo round è andato ad Hachette (insieme agli altri querelanti HarperCollins, John Wiley & Sons e Penguin Random House).

La motivazione del giudice è sostanzialmente che Internet Archive non ha fatto altro che creare “opere derivate”, che avrebbero avuto bisogno dell’autorizzazione dei detentori del copyright dei libri (quindi gli editori) prima di prestarli attraverso il suo programma National Emergency Library.

Questa entità è nata durante la pandemia COVID-19, per consentire a quanti non avevano, per via delle limitazioni di spostamento, la possibilità di accedere digitalmente ai contenuti che normalmente sarebbero stati disponibili nelle biblioteche pubbliche.

Il servizio è rimasto aperto dal 24 marzo 2020 fino al 16 giugno dello stesso anno, ma i contenuti in esso pubblicati sono rimasti accessibili mediante prestito digitale, un meccanismo consolidato da ben prima della pandemia.

Internet Archive ha detto che ricorrerà in appello, e per bocca del proprio director od open libraries Chris Freeland (nomen, omen) ha dichiarato:

This decision impacts libraries across the US who rely on controlled digital lending to connect their patrons with books online. It hurts authors by saying that unfair licensing models are the only way their books can be read online. And it holds back access to information in the digital age, harming all readers, everywhere.

Questa decisione impatta le biblioteche degli stati uniti che agiscono mediante prestito digitale per connettere i propri abituali frequentatori con i libri online. Colpisce gli autori dicendo che modelli di licenza ingiusti sono l’unica maniera per cui i loro libri possono essere letti online. Fa anche un passo indietro in merito all’accesso alle informazioni nell’era digitale, colpendo tutti i lettori, ovunque.

Come è presumile (e tra avvocati e giudici lo è sempre) la situazione è complessa ed ha diverse ramificazioni, in particolare in merito a quanto questo pronunciamento si scontrerà con i precedenti. Nello scontro “Google Books vs HathiTrust” del 2014 è infatti emerso il concetto di “fair use“, ossia quando un lavoro protetto da copyright è a beneficio di tutti, quanto impatta il possessore del copyright e quanto del lavoro è stato copiato o trasformato.

È chiaro come la faccenda non finirà qui, perché per quanto (ovviamente) le case editrici si siano pronunciate felici, visto l’impatto e la portata di quanto avvenuto (ci sono autori che sono a favore di Internet Archive) la discussione è ben lungi dall’essere chiusa.

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
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5 risposte a “Quattro editori hanno fatto causa a Internet Archive per violazione di copyright, vincendo”

  1. Avatar Rickyx
    Rickyx

    Ritengo che la vera questione sia:
    perché c’è differenza fra una pagina cartacea ed una digitale, dato che il prestito avviene con le stesse modalità?

    Cioè, viene prestato esclusivamente un libro digitale per libro cartaceo posseduto (proprio come se fosse una copia reale) e finché non viene “restituito” risulta non più prestabile. Anche in Italia il prestito digitale funziona esattamente così.

  2. Avatar Raoul Scarazzini

    Assolutamente d’accordo. Bisognerebbe leggere i vari pronunciamenti per capire esattamente a cosa si sono appellate le case editrici e perché la cosa è stata ritenuta illegittima.
    Ma hai centrato il punto: digitale != cartaceo.

  3. Avatar carlo coppa
    carlo coppa

    Secondo me è un argomento un po’ controverso, però paragonare il digitale ad oggetti reali non mi convince molto. Si, una libreria può prestare i libri, ma lo può fare in modo limitato, con il digitale si fa in modo illimitato, per questo motivo è diverso. Le librerie non stampano centinaia di migliaia di copie di libri, (forse non potrebbero neanche farlo legalmente), mentre un file è di fatto una copia dell’originale.

  4. Avatar Raoul Scarazzini

    Però ci sono regole specifiche a determinare come i contenuti vengono condivisi, e quello che viene fatto dalle biblioteche digitali è sostanzialmente un prestito al pari del fisico.
    Poi è chiaro che metodi per aggirare la questione ce ne sono, ma è altrettanto chiaro che un libro preso in prestito dalla biblioteca potrebbe essere fotocopiato, quindi sì i due ambiti sono diversi, ma non così tanto.

  5. Avatar Rickyx
    Rickyx

    Ho preso in prestito libri digitali con il Tolino: hanno la protezione Drm e ne vengono prestati tanti quante sono le copie fisiche. Le biblioteche rispettano questa regola.

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