
Abbiamo sempre raccontato come uno dei problemi principali degli LLM sia il fatto che nessuno, in fondo, sa da dove arrivino i dati che contengono. Anche i tentativi di rilasciare una definizione di cosa sia un LLM open-source non hanno (ancora) dato alcuno degli effetti sperati.
È quindi con una certa sorpresa che abbiamo letto una notizia inattesa, riportata dal sempre attentissimo Open Source Observatory (OSOR), che arriva dalla Svizzera: l’intelligenza artificiale può essere anche un bene pubblico.
È questo il messaggio che ETH Zurich, EPFL e il Centro Svizzero di Supercalcolo (CSCS) vogliono lanciare con la creazione di un LLM interamente open-source, sviluppato con fondi pubblici, trasparente e multilingue.
Il modello, previsto per il rilascio entro la fine dell’estate 2025, sarà disponibile in due versioni (da 8 e 70 miliardi di parametri), addestrato su oltre 15 trilioni di token e in più di 1.000 lingue. Tutto — dal codice sorgente ai pesi, fino ai dati utilizzati — sarà distribuito sotto licenza Apache 2.0, con piena trasparenza e documentazione.
È un’iniziativa che va oltre la mera pubblicazione accademica: mira a fornire una base concreta, libera e riutilizzabile per la ricerca, la pubblica amministrazione, l’educazione e l’industria. Il tutto costruito su infrastrutture pubbliche, con l’utilizzo del supercomputer “Alps” del CSCS, alimentato al 100% da energia carbon-free.
Già tutto questo potrebbe bastare a pensare positivo, ma ci sono ulteriori ragionamenti da fare, poiché il valore di questo progetto non si esaurisce nella dimensione tecnica. Il punto centrale è politico, culturale e strategico: questa è una delle prime manifestazioni concrete di sovranità digitale europea, anche se in questo caso l’Europa in questione non è (purtroppo) quella dell’Unione, ma quella geografica e culturale. L’idea che un’infrastruttura pubblica possa generare una tecnologia di questo calibro, sottraendola alla logica del profitto e delle black box aziendali, rappresenta una vera e propria dichiarazione d’intenti.
Il punto è che la sovranità digitale non si improvvisa – ricorderete la recente proposta SUSE di supporto “sovrano” o i movimenti delle grandi città per liberarsi del dominio Microsoft – e non può essere una semplice etichetta appiccicata su soluzioni cloud “region locked”. Deve essere un processo che attraversa ogni strato della catena: dalla CPU al software, passando per i dati, il supporto e la possibilità di audit. E in questo, l’iniziativa di ETH e EPFL rappresenta un esempio virtuoso, concreto, replicabile.
In conclusione, in un contesto dove il controllo della conoscenza sta diventando una questione di potere, questa iniziativa di ETH Zurich ed EPFL mostra che l’open-source può essere, ancora una volta, la via.
Ed è esattamente per questo che dovrebbe interessare anche chi non si occupa (ancora) di AI, magari, chissà, chi governa l’Unione Europea: in Svizzera evidentemente non ci sono solo soldi e cioccolato, ma anche buone idee.
Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.
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