È stata pubblicata una classifica sulla sovranità digitale e no, l’Italia non è messa per nulla bene

Il fatto che la sovranità digitale sia il tema del momento non è un mistero per nessuno. Di certo non lo è per noi di MMUL, che solo nell’ultimo mese abbiamo raccontato del super computer svizzero che alimenterà il primo LLM open-source europeo, di aziende come SUSE hanno lanciato servizi come il Sovereign Premium Support e sperato insieme a tutti i lettori che il Fondo Sovrano Tecnologico possa diventare realtà europea.

La conferma di questa attenzione sull’argomento viene anche dal progetto Digital Sovereignty Index, che si pone l’obiettivo di classificare, paese per paese, un indice di sovranità digitale. Ma cosa significa tutto questo? Il report misura e confronta il livello di adozione di strumenti digitali self-hosted (quindi gestiti in autonomia e ospitati sul proprio territorio) nei diversi Paesi.

L’obiettivo, recita la pagina, non è quindi quantificare in termini assoluti la diffusione di questo tipo di soluzioni, ma offrire un quadro comparativo della loro presenza relativa rispetto ad altri Stati.

Il calcolo dei punteggi si basa su alcuni criteri chiave:

  • Presenza di strumenti self-hosted: il parametro principale è il numero di server attivi che offrono applicazioni essenziali come piattaforme di gestione progetti, sistemi di archiviazione e condivisione file, soluzioni di groupware, strumenti di videoconferenza e chat.
  • Rilevanza comparativa: un punteggio elevato non indica necessariamente un’adozione diffusa in termini assoluti, ma segnala una maggiore concentrazione relativa rispetto ad altri Paesi.
  • Focus sulla società civile: il report fotografa in particolare l’uso degli strumenti da parte di individui e piccole organizzazioni, lasciando in secondo piano le politiche o le scelte infrastrutturali di grandi aziende e governi.
  • Indipendenza dal fattore dimensionale: il conteggio riguarda il numero di server e non la loro potenza o capacità, rendendo l’indice più rappresentativo delle pratiche di piccoli attori piuttosto che dei colossi tecnologici.

Ciò che risulta è un indicatore che spesso mette in luce contrasti interessanti: mentre molte amministrazioni pubbliche europee (non diciamo quali, ma letto il titolo di questo articolo non farete fatica a capire chi) dipendono quasi totalmente da soluzioni proprietarie fornite dai grandi player tecnologici (Microsoft, Google e altri), in diversi Paesi la popolazione e la società civile scelgono alternative diverse, preferendo l’adozione di strumenti sovrani e self-hosted.

Ma andiamo ai risultati:

Si potrebbe dire che noi, come Italia, essendo a metà, siamo nel mezzo, ma sarebbe un’analisi completamente errata. Saremo anche nel mezzo a livello mondiale, ma se si guardano gli stati europei, molto pochi sono messi peggio di noi, mentre di esempi virtuosi è letteralmente pieno, a partire dalla capo classifica Finlandia (cosa daranno da mangiare ai bambini in quel paese non si sa, forse pane e open-source).

Non è una sorpresa per nulla il secondo posto della Germania, del cui fondo sovrano tecnologico abbiamo elogiato le iniziative, nella quale c’è una diffusione significativa di soluzioni self-hosted tra cittadini e piccole realtà, spesso superiore a quella registrata in alcuni settori pubblici.

Nel Bel Paese le cose da fare ed il cammino da percorrere è ancora lungo, ma guardiamo l’aspetto positivo: almeno adesso c’è una classifica, e sappiamo esattamente quanto scarsi siamo, si può solo migliorare!

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

4 risposte a “È stata pubblicata una classifica sulla sovranità digitale e no, l’Italia non è messa per nulla bene”

  1. Avatar Giok
    Giok

    …e sappiamo esattamente quanto scarsi siamo, si può solo migliorare!

    O sperare di non scendere ulteriormente nella classifica 🙂

  2. Avatar Autodelta85
    Autodelta85

    Va detto che in Germania e in tutti quei paesi che "ruotano" attorno alla cultura teutonica quindi scandinavia e paesi dell' Est vige una disciplina tutta particolare sulla privacy con leggi spesso più dure di quelle della UE, è proprio un fatto culturale per loro

    Non stupisce vedere paesi del Nord/est europa nelle primissime posizioni o comunque ben davanti a noi e alla Spagna

  3. Avatar Raoul Scarazzini

    È un fatto però che a prescindere dalla questione privacy ci sia anche una propensione verso l'open-source che altrove non si trova, vedi il discorso fondo sovrano tecnologico. È come se percepissero meglio che l'open-source è un bene, cosa che qui in Italia non c'è assolutamente.

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