Il disastro Cloudflare è colpa di un singolo file raddoppiato nelle dimensioni. E il problema sarebbe la bolla AI?

Se non siete stati su un pianeta alieno nell’ultima settimana sarete al corrente o avrete sperimentato il disservizio subito da Cloudflare, l’azienda che fornisce servizi di Content Delivery Network (CDN), DNS, sicurezza (protezione DDoS, bot mitigation, firewall) a milioni di siti.

La stessa azienda che ha manifestato recentemente la volontà di rendere il web un posto più sicuro, con l’impiego di AI realmente utili ed il blocco di HTTP non cifrato.

Ma questo era marzo 2025.

La scorsa settimana, novembre 2025, è cascato tutto.

Ora, la prima buona notizia è che il disservizio è ampiamente rientrato, anche se strascichi dello stesso sono stati sperimentati anche qui sul portale (legati principalmente al DNS), e l’altra buona notizia è che è stato scoperto il motivo del disservizio, almeno stando a quanto ha scritto ARS Technica.

In verità le buone notizie finiscono qui, perché se si vanno a leggere i motivi la ragione per cui tutto è collassato risiede in un singolo file duplicato nelle dimensioni. Inizialmente si pensava ad attacchi concordati, DDoS distribuiti, mostri e alieni, ma poi, come Matthew Prince (CEO di Cloudflare) ha dichiarato:

After we initially wrongly suspected the symptoms we were seeing were caused by a hyper-scale DDoS attack, we correctly identified the core issue and were able to stop the propagation of the larger-than-expected feature file and replace it with an earlier version of the file.

Dopo che abbiamo inizialmente erroneamente sospettato che i sintomi osservati fossero causati da un attacco DDoS su larga scala, abbiamo correttamente isolato la problematica, interrompendo la propagazione di un file di feature più grosso del previsto, rimpiazzandolo con una versione precedente.

Il report di post-mortem pubblicato il 18 novembre chiarisce, per chi lo volesse capire, i dettagli tecnici, ma per il senso di quest’articolo è cruciale analizzare la problematica alla luce delle recenti dichiarazioni dei giganti tech che, per ovvie ragioni, sono stati colpiti da questa problematica.

Prendi il CEO di Google che spiega come sostanzialmente dovesse scoppiare la bolla AI saremmo tutti nelle canne (non solamente NVIDIA) oppure Anthropic, Microsoft e NVIDIA che annunciano investimenti reciproci andando a confermare il concetto di acquisti circolari (io ti compro delle cose e le vendo ad un altro da cui acquisti tu) che terrorizzano chiunque abbia due basi di economia. Anche solo domestica eh.

Ma siamo sicuri che il problema sia questo?

È sicuramente un problema, certo, ma è proprio il più impellente da risolvere?

Alla luce del disastro Cloudflare, si direbbe di no, poiché tutti (grandi player e piccole realtà) hanno dimostrato di essere dei giganti dai piedi di argilla, che rischiano di perdere milioni di guadagni se un singolo file raddoppia in grandezza.

Quindi, forse, il problema principale non è la bolla AI.

È che tutti ormai pensano che la competenza possa essere demandata, data in outsourcing, con buona pace del report della Linux Foundation pubblicato da Canonical dove l’83% delle organizzazioni vedono del valore nell’adottare l’open-source.

Peccato che al contempo ci siano major gaps negli ambiti di security e governance.

Come a dire, noi ci proviamo, ma poi si spacca sempre tutto.

Chissà perché!

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

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