Anche Raspberry Pi OS supporta finalmente cloud-init, ed è una notizia interessante per tanti motivi

La tecnologia cloud-init nasce, nomen omen, per il cloud. In un mondo dove la scalabilità dovrebbe regnare sovrana, avere un meccanismo che consenta di definire la configurazione di un’istanza in un file YAML è una manna dal cielo.

Con cloud-init, si parte quindi da una immagine di una distribuzione Linux standard, che di fatto rappresenta il suo disco. Da qui, anziché avviarla e poi connettervisi per fare le personalizzazioni del caso, si passa il file di cloud-init in fase di creazione dell’istanza stessa, la quale si avvia preconfigurando tutte le specifiche del caso.

Un sacco di tempo risparmiato, la possibilità di registrare i cambiamenti in file tracciabili, e l’applicazione di uno standard universalmente riconosciuto, ecco cos’è cloud-init.

Fatte le debite introduzioni, arriviamo a raccontare la notizia di oggi, che riguarda da vicino cloud-init ed il fatto che il suo supporto sia stato finalmente abilitato all’interno di Raspberry Pi OS.

La modalità con cui funziona è speculare a quella delle istanze cloud.

Esistono tre nuovi file nella partizione /boot che si affiancheranno al consueto file config.txt (il file che determina come si avvia l’istanza di Raspberry Pi OS):

  • meta-data
  • network-config
  • user-data

Tralasciando meta-data che non ha interessi operativi diretti, ma di fatto richiama gli altri due, i due file che rendono l’utilizzo di questa modalità interessante per gli utenti sono:

  • network-config, che può essere utilizzato per specificare come il dispositivo si connetterà alla rete, partendo dalle credenziali Wi-Fi e passando dalle reti multiple, assegnamenti di IP statici, VLAN e tutto quello che è supportato e documentato nella sezione networking della cloud-init documentation.
  • user-data, dove potranno essere definite le specifiche relative agli utenti, vedi password, chiavi SSH ed anche eventuali comandi da eseguire al primo avvio. Anche qui c’è una copiosa documentazione a cui accedere per capire come impostare le più svariate opzioni (è possibile ad esempio espandere automaticamente il filesystem sulla scheda SD).

Le implicazioni di questo supporto sono ampie e variegate.

Di fatto ampliano enormemente la possibilità, ad esempio, di produrre in serie SD card che preconfigurino in maniera personalizzata i sistemi operativi dei Raspberry Pi. Se si pensa ai contesti IoT, potenzialmente senza bisogno di agire mai direttamente sulla console, si possono avere SD personalizzate da inserire nei dispositivi. Favorendo un approccio rapido in modalità catena di montaggio.

Utilizzando quindi una immagine di Raspberry Pi OS – che, lo ricordiamo, è basata su Debian Trixie – successiva al 20 ottobre 2025 si potrà sfruttare la nuova funzionalità ed inoltre anche il Raspberry Pi Imager 2.0 supporta la modalità in modo da poter gestire mediante interfaccia grafica l’intera questione.

Non resta che provare!

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

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