Il misterioso comunicato di Opensource.com e tutte le scelte poco community e poco open che Red Hat continua a fare

10

Non è un mistero come gli articoli ogni giorno pubblicati sul nostro portale riportino notizie di blog specializzati e tendenzialmente stranieri, c’è poco da fare: le notizie ed i contributi “freschi” arrivano quasi sempre da lì. Tra questi, Opensource.com è sempre stato una fonte inesauribile di articoli, how-to, interviste in merito al, nomen omen, mondo open-source ed a Linux.

Nonostante sia da dodici anni sponsorizzato da Red Hat, e nonostante parecchi post apparsi sul portale siano stati veicolo di promozione per le tecnologie offerte dall’azienda dal cappello rosso, Opensource.com ha sempre cercato di mantenere un equilibrio misurato ed orientato alla community nella maggioranza degli articoli.

Certo è facile ricordare l’altissimo numero di pubblicazioni a tema apparsi quando Red Hat voleva promuovere Podman come alternativa a Docker (articoli non a caso scritti sempre da utenti @redhat.com), ma bisogna ammettere come il ruolo del portale sia stato sempre piuttosto bilanciato.

Tutta questa lunga premessa serve ad introdurre la notizia del giorno: dopo più di 50 giorni che su Opensource.com non appariva una singola news (mentre a regime il portale pubblicava almeno 5 articoli a settimana) ieri ne è stata pubblicata una dal titolo “New developments at Opensource.com” e dai contenuti piuttosto oscuri e criptici.

Dopo infatti un’introduzione relativa ai domini internet il cui senso personalmente devo ancora interpretare, a far rumore è la chiusura:

The website Opensource.com has been supported by a commercial entity for 12 years. But the people (that’s you and me) that make up the Opensource.com community aren’t commercial entities, we’re people.

Il sito Opensource.com è stato supportato per 12 anni da un’entità commerciale [non viene nominata, ma è chiaramente Red Hat]. Ma le persone (che sono te e me) che sono parte della community Opensource.com non sono entità commerciali, sono persone.

E l’articolo si chiude indicando come, nel giro di un mese, questo “bug” verrà risolto.

Cosa significa questo messaggio? Purtroppo si può solo interpretare.

La citazione dell’entità commerciale non è certamente casuale e fa pensare che in qualche modo i rapporti tra la community che gestisce il portale e Red Hat si siano incrinati. Difficile dire se per sospensione di fondi, imposizioni sulla linea editoriale o altro, ma è chiaro come qualcosa sia andato veramente storto se un portale da migliaia di accessi giornalieri e con elevatissima produzione di contenuti smette bruscamente di pubblicare qualsiasi cosa per ben cinquanta giorni.

Altro però non è dato di sapere. Rimane la realtà dei fatti, che è sotto gli occhi di tutti: qualcosa in Red Hat è cambiato.

Si è cominciato con il ritiro di CentOS, si è proseguito con il licenziamento del 4% dei dipendenti, ad oggi arrivano le notizie dell’abbandono degli RPM di Libre Office all’interno delle distribuzioni RHEL, ed ora questi inquietanti messaggi che provengono da Opensource.com.

Quale sarà il futuro della Open Organization? Nessuno può dirlo, io però vado a ritirare il premio che ho vinto per non aver ancora usato la parola IBM in questo articolo!

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

10 risposte a “Il misterioso comunicato di Opensource.com e tutte le scelte poco community e poco open che Red Hat continua a fare”

  1. Avatar Alessandro Scarozza
    Alessandro Scarozza

    in merito all’articolo nulla da dire: speriamo solo in esiti migliori possibili!

    rispetto alla parte finale:
    – ritiro di CentOS: non è una bella cosa ma comprendo RedHat, non me la sento di criticarla su questo
    – licenziamento 4%: non bello ma sono logiche aziendali, speriamo in future espansioni
    – RPM LibreOffice: per me qualunque cosa funzioni tramite Flatpak dovrebbe esistere solo su flatpak. personalmente spero molto in un mondo flatpak oriented. in ogni caso l’orientamento server di RedHat cè sempre stato ed in questo caso ha colto la palla al balzo

    PS anche io non ho nominato IBM 😀

  2. Avatar Raoul Scarazzini

    Business is business, non si discute su questo, lo scrivo sempre. La cosa che non sopporterò mai è quando invece si vogliono vestire con parole quali “community” e “open” logiche aziendali che sono, per forza di cose, orientate al business. Ed in questo senso quello che sta succedendo in Red Hat profuma di farsa.
    La narrazione non corrisponde alla realtà. Non è l’essere business oriented il problema, è l’incoerenza.

  3. Avatar Massimiliano
    Massimiliano

    Cosa significa questo messaggio? Purtroppo si può solo interpretare.

    Sembra che vogliano passare dal dominio .com a quello .org ed in generale passare ad un “appeal” meno da testata lottizzata. Anche se ricordo una serie di articoli su FreeDOS non proprio “enterprise”. 😀
    Proponiamolo anche alla RAI…

    RPM LibreOffice: per me qualunque cosa funzioni tramite Flatpak dovrebbe esistere solo su flatpak. personalmente spero molto in un mondo flatpak oriented. in ogni caso l’orientamento server di RedHat cè sempre stato ed in questo caso ha colto la palla al balzo

    LibreOffice è orfano anche su Fedora, CentOS segue a ruota essendo una derivata. Fedora ha già dichiarato di essere Flatpak oriented, è naturale che le applicazioni RPM diminuiranno sempre più. Come te faccio il tifo.

    Dall’annuncio riguardante RH:

    We will continue to maintain LibreOffice in currently supported versions of RHEL (RHEL 7, 8 and 9) with needed CVEs and similar for the lifetime of those releases (as published on the Red Hat website). As part of that, the engineers doing that work will contribute some fixes upstream to ensure LibreOffice works better as a Flatpak, which we expect to be the way that most people consume LibreOffice in the long term.

    Direi che l’orientamento lascia poco spazio ai dubbi.

    E’ da un po’ che vedo mettere patch upstream per far girare meglio le applicazioni in contesti sandbox: vuol dire che qualcosa si sta muovendo non solo a livello di distro.

  4. Avatar Gianluca Gabrielli

    Concordo in pieno

    – RPM LibreOffice: per me qualunque cosa funzioni tramite Flatpak
    dovrebbe esistere solo su flatpak. personalmente spero molto in un mondo
    flatpak oriented.

    The closest we can execute to the upstream, the better. Attualmente la miglior integrazione upstream-flatpak va a Mozilla Firefox, in quanto e’ direttamente l’upstream che pusha l’applicazione buildata sui repo di Flathub. Spesso ricevo aggiornamenti anche 2 ore prima della pubblicazione della nuova release e relativo SA. Per Thunderbird e’ in corso un agreement simile per permettere ai devs di fare la stessa cosa.

    Parlando da maintainer sia di una distro che di qualche pacchetto su Flathub, considero un win-win-win l’ outsourcing di grandi applicazioni principalmente stand-alone, per le quali frequenti version bumps difficilmente rompono altri processi. Vedi LibreOffice, Firefox, Chromium, Thunderbird… ma anche vscode, celluloid, audacity, KPXC, telegram-desktop, etc.

    Con win-win-win intendo: distro maintainers, users, ed upstreams.

  5. Avatar Alessandro Scarozza
    Alessandro Scarozza

    ho provato tempo fa gnome os, è una figata come distro desktop. core gestito con OS-tree e tutto solo tramite flatpak. peccato solo che il progetto è poco seguito (tipo a me non leggeva il touchpad)

  6. Avatar JustATiredMan
    JustATiredMan

    concordo… vogliono continuare ad ammantarsi di “community”, solo per non perdere l’aura del “don’t be evil” che generalmente contraddistingono le aziende che ovviamente tendono a “chiudere” per mantenere il controllo a fini economici.

  7. Avatar Raoul Scarazzini

    Beh però dai, non è tutto grigio, ci sono tanti aspetti interessanti nell’attuale corso del mondo I.T., ma su una cosa hai perfettamente ragione: sembra che l’epoca a cui ti riferisci sia davvero finita.
    Certo mi chiedo allo stesso tempo se sia mai in realtà iniziata: il mercato (e noi) credevamo alla narrazione che ci veniva fornita.

  8. Avatar JustATiredMan
    JustATiredMan

    purtroppo gli anni cambiano, si diventa vecchi… servono soldi per campare e per pagare la vecchiaia.
    I tempi eroici e dei giovani ideali dell’ open/free/gnu software stanno volgendo al termine…
    … e un altra epoca che volge al termine purtroppo ;-(

  9. Avatar floriano
    floriano

    Sono arrivato alla conclusione che tutto ciò che fa redhat sia da evitare, quindi (in ordine di inutilità) bisogna cercare di evitare: gnome, Systemd, flatpak, wayland, pulseaudio (questo però è più complicato da sostituire)……

  10. Avatar floriano
    floriano

    Non è obbligatorio usare prodotti redhat (anche perché non mi sono mai piaciuti).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *