OpenShift 4: la nuova versione parla di hybrid cloud

0

Per chi non fosse già entrato nei dettagli, con il termine di hybrid cloud si intendono comunemente quelle piattaforme che possono essere eseguire simultaneamente su cloud pubblici (i vari AWS, Azure, Google Cloud, etc.) e su cloud privati (OpenStack, giusto per restare in casa Red Hat). Normalmente, per ottenere questo, si utilizzano software ad-hoc come HPE Helion, soluzioni native fornite dai vari vendor come Azure Stack, o sistemi PaaS (Platforms-as-a-Service) come Cloud Foundry.

Oppure, come ha affermato Red Hat al recente Red Hat Summit, potete usare l’orchestratore di container Kubernetes tramite Red Hat OpenShift 4.

Già, stando a quanto affermato da Jim Whitehurst, l’attuale CEO di Red Hat, il nuovo prodotto:

Make open hybrid cloud the default architecture.

Rende il cloud ibrido aperto l’architettura di default.

Fortunatamente, qualche dettaglio in più arriva da Ashes Badani, vicepresidente RH per le piattaforme cloud:

Enterprise IT’s future is driven by hybrid and multicloud computing, with Kubernetes acting as a bridge to seamlessly connect workloads between on-premise datacenters and public cloud footprints. Red Hat OpenShift 4 makes this vision of Kubernetes a reality, offering a consistent, self-managing enterprise Kubernetes platform that spans the hybrid cloud.

Il futuro dell’IT enterprise sarà pilotato da sistemi ibridi e multicloud, con Kubernetes a fare da ponte per connettere i carichi in maniera trasparente tra datacenter on-premise e sistemi in public cloud. Red Hat OpenShift 4 rende questa visione di Kubernetes una realtà, offrendo una piattaforma Kubernetes di livello enterprise che in maniera consistente e gestito autonomamente si allarga al cloud ibrido.

Di base il piano di come la nuova versione del prodotto OpenShift, e più in generale il parco di offerte Red Hat, vuole affrontare questa cosa si compone di quattro parti:

  • L’uso di piattaforme a gestione autonoma per il cloud ibrido, fornendo una ambiente simil-cloud tramite aggiornamenti software automatici e gestione autonoma dei deployment attraverso il cloud ibrido. Questo può essere fatto grazie all’uso di Red Hat Enterprise Linux (RHEL) o del relativamente nuovo arrivato RHEL CoreOS;
  • Supporto ad ambienti estremamente eterogenei che verrà reso disponibile nei prossimi mesi, aggiungendo i maggiori vendor di public cloud (Azure, AWS, Google Cloud, IBM Cloud, Alibaba, giusto per citare i più famosi), sistemi di cloud privati (come OpenStack, per l’appunto), piattaforme di virtualizzazione (RHEV e VMware) e server fisici
  • Sistema di installazione full-stack totalmente automatizzato, che permette di avere l’ambiente a disposizione rapidamente
  • Gestione del deployment e della vita delle applicazioni con Kubernetes Operators; Red Hat è stata tra le prime ad implementare ed utilizzare gli Operators di Kubernetes per tutta la vita delle applicazioni e, con l’ultima release di OpenShift, verranno forniti i così detti Red Hat OpenShift Certified Operators, che permetterà ai partner di certificare i propri Operator ed ai clienti di accedere ad un catalogo di Operators testati e supportati ufficialmente

E’ chiaro come il lavoro di Red Hat in tal senso sia quello di astrarre la gestione di più basso livello dell’infrastruttura, così come anche la gestione di monitoraggio e monitor delle performance demandando alla loro soluzione questi “crucci”, e permettendo agli operatori di concentrarsi sul deployment e la manutenzione dei servizi.

OpenShift 4 is a platform designed for realizing these two goals – instead of forcing you to deal with VMs or load balancers APIs, we focus on higher level abstractions like deployments and services. Instead of installing software agents you run containers, and instead of writing your own monitoring stack, you leverage ambient monitoring from the platform.

OpenShift 4 è una piattaforma ingegnerizzata per realizzare questi due obiettivi – invece di farti scontrare con macchine virtuali o API dei bilanciatori network, possiamo concentrarci su astrazioni di più alto livello come deployment e servizi. Invece di installare agenti software esegui container, ed invece di scriverti il proprio stack di monitoraggio, ti appoggi all’ambiente di monitoraggio fornito dalla piattaforma.

Sicuramente a livello impatto sul mercato lo shift di OpenShift (scusate il gioco di parole) da “mero” sistema di gestione di cluster Kubernetes a piattaforma per la gestione di cloud ibridi rende il prodotto più appetibile, ci sarà da seguire gli sviluppi per vedere se – e con quale livello di integrazione – sarà veramente così orizzontalmente compatibile con quanto abbiamo già a disposizione.

L’impostazione e la mentalità pare essere quella corretta, al momento è disponibile la Developer Preview scaricabile dal sito ufficiale e, seppur non è ancora stata ufficializzata una data di rilascio, la quantità di lavoro che un prodotto “a tutto tondo” come OpenShift 4 richiede per essere non solo production-ready ma anche support-ready è sostanziosa.

Utente Linux/Unix da più di 20 anni, cerco sempre di condividere il mio know-how; occasionalmente, litigo con lo sviluppatore di Postfix e risolvo piccoli bug in GNOME. Adoro tutto ciò che può essere automatizzato e reso dinamico, l’HA e l’universo container. Autore dal 2011, provo a condividere quei piccoli tips&tricks che migliorano il lavoro e la giornata.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *