Due chiacchiere su AppImage con Simon Peter

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Nonostante la ricerca su Google porti a tutt’altro risultato, il nostro Simon Peter è il creatore del progetto AppImage, di cui abbiamo accennato qualcosina diversi articoli fa, il formato di distribuzione di software portatile per Linux.

It’s FOSS ha di recente intervistato lo sviluppatore per tastare il polso al progetto, ormai pienamente maturo.

Di sicuro vi sarà capitato di incappare in file *.appimage mentre cercavate l’ultima release del vostro software preferito. Si, siamo d’accordo, i Software Center sono comodi, integrati nel sistema operativo e lì per un motivo. Ma le applicazioni portatili sono un’altra cosa:

AppImage is all about single-file application bundles that can be “managed” by nothing else than a web browser and a file manager. It’s meant for “mere mortals”, end users, not system administrators. It needs no package manager, it needs no root rights, it needs nothing to be installed on the system. It gives complete freedom to application developers and users.

AppImage altro non è che è un’ applicazione composta di un singolo file, gestibile da un browser web e un file manager. Non è per gli amministratori di sistema, è per i “semplici mortali”, gli utenti finali. Non necessità di package manager, di diritti di root, nulla di già installato sul sistema. Dà completa libertà agli sviluppatori e agli utenti.

Già, perché di questo si tratta: libertà. Nessun vincolo, infrastrutturale o di marketing. Diversamente da Flatpack e Snap (rispettivamente Fedora e Canonical), AppImage è un sistema di distribuzione pacchetti universale, nessuna dipendenza, nessuna libreria aggiuntiva (e nessun conflitto per due versioni differenti contemporaneamente presenti sul sistema), niente di niente: è questa la sua carta vincente, ciò che convince gli utenti.

Questo è il punto fermo per Simon, il paradigma “one app = one file”. Quindici anni fa, quando AppImage si chiamava ancor klik, il suo creatore era alla ricerca di una soluzione su Linux che gli ricordasse l’esperienza avuta sul suo primo computer (un Mac, nel 1986): poter copiare un’applicazione da una parte all’altra del del proprio hard disk e poterla eseguire, solo con un click.

E nonostante un iniziale scetticismo da parte della comunità, che ha quasi causato la chiusura del progetto, lo stesso Torvalds ha definito AppImage “very cool”. L’endorsement sembra aver avuto un effetto benefico, e il progetto è in costante crescita da allora, come indicato dal numero di preferenze al repository GitHub.

Fonte: AppImage wiki

L’ impegno di Simon sembra non essersi ancora esaurito, anzi, ci sono tutti i presupposti per continuare lo sviluppo e aumentare l’usabilità di questa soluzione, che è a tutti gli effetti, geniale nella sua semplicità.

Vi lasciamo il link della progetto GitHub e quello dell’indice delle applicazioni disponibili (circa 1000) in questo comodissimo formato.

Amministratore di sistema “umile ma onesto”. Inciampato in Linux per caso, è stato l’inizio di una storia d’amore bellissima.

2 risposte a “Due chiacchiere su AppImage con Simon Peter”

  1. Avatar Guglielmo Cancelli
    Guglielmo Cancelli

    “non so se è possibile replicare macOS”
    Spiegati meglio.

  2. Avatar carlo coppa
    carlo coppa

    Nessuno vuole replicare macOS, si discute solo del metodo di installazione di un pacchetto e molto probabilmente il riferimento a macOS è solo perché all’epoca in macOS era già possibile farlo (immagino…, in quanto non ho mai utilizzato macOS, ma di quello si parlava, non di macOS in quanto tale).
    A me AppImage non dispiace e lo preferisco sicuramente a snap, che a mio parere sono i peggiori. Anch’io se ho l’alternativa nativa, nel mio caso rpm (openSUSE) lo preferisco, ma sono felice che esistano, in quanto a volte rpm o deb non c’è, per cui avere questi pacchetti è comunque una soluzione.

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