Ecco come il browser OpenSource Brave inseriva codici di referral nelle URL degli utenti per guadagnare

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Brave è un browser open-source basato su Chromium lanciato nel 2016 dal co-fondatore di Mozilla, Brendan Eich.

I punti di forza su cui fa leva Brave sono sicurezza, velocità e privacy; quest’ultimo è infatti il motivo più frequente per il quale viene scelto dai suoi utenti.

Integra un ad-blocker, ma è possibile partecipare al programma Brave Rewards che lo disabilita sui siti maggiormente frequentati dagli utenti, facendo guadagnare BAT token, la criptovaluta del progetto Brave.

Promesse molto allettanti, ma la realtà pare essere molto diversa.

Già lo scorso marzo Brave era stato colto con le mani nel sacco mentre faceva accordi poco chiari per affiliazioni con eToro, piattaforma di cryptovalute e trading.

La cosa forse passò un po’ in sordina ma ora ci risiamo, e sembra anche peggio: qualche giorno fa l’utente Cryptonator1337 ha reso noto che, quando si accedeva a siti di cryptovalute (in questo caso binance.us), il browser inseriva automaticamente il proprio codice di referral per guadagnarci, ad insaputa degli utenti.

Grazie a GitHub (essendo un software open-source) si scopre che questo giochino del referral era stato introdotto a fine marzo, inserendo codici anche per Coinbase, Trezo e Ledger.

La risposta non è stata delle migliori: il CEO di Brave ha ammesso il problema ma dice che non è stato intenzionale ma solo un errore di programmazione. Sarebbe tutta colpa dell’auto-completamento delle URL che utilizza Brave e che di default inserisce un codice di affiliazione.

Di fatto gli utenti fortunatamente non hanno subito un reale danno economico, ma Brave ha intascato parecchi soldi con questo stratagemma e la cosa non piace a nessuno.

Inoltre, questo comportamento fa sorgere preoccupazioni in merito alla privacy perché, di solito, questi programmi di affiliazione raccolgono parecchi dati sull’utente che si è registrato tramite un link sponsorizzato.

Il motto del browser è “Be Brave!“, ma non è che stavolta l’hanno preso un po’ troppo alla lettera?

Affascinata sin da piccola dai computer (anche se al massimo avevo un cluster di Mio Caro Diario), sono un’opensourcer per caso, da quando sono incappata in Mandrake. Legacy dentro. Se state leggendo un articolo amarcord, probabilmente l’ho scritto io.

3 risposte a “Ecco come il browser OpenSource Brave inseriva codici di referral nelle URL degli utenti per guadagnare”

  1. Avatar Roskio

    Non c’è nulla da fare.

    Vogliamo un briciolo di privacy? C’è solo Mozilla Firefox. Che però non riesce a darmi mai quella fluidità che hanno tutti i browser che utilizzano Chromium come base.

    Ultimamente non riesco a scegliere più quale sia il mio browser 🙂

  2. Avatar carlo coppa
    carlo coppa

    Boh! Non sono uno sprovveduto, ma non ho l’ossessione alla privacy in internet, ho sempre visto internet come una grande strada di una grande città, dove la privacy non esiste e non può esistere. E’ solo un’illusione, vedere un messaggio che mi informa che il sito mi traccerà se ci accedo, lo so già a prescindere, ma se ci devo entrare ci entrerò a prescindere. Questo non significa non avere cura della propria privacy, ma essere un po realisti…i servizi hanno un costo, che può essere pagato in diversi modi. Sarebbe meglio se internet diventasse un posto dove non si viene tracciati, ma ogni sito chiede soldi per accedere ? Per me no.

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