Saturday’s Talks: “Sono in ferie, ma dimmi pure!” o come combattere l’insostenibile voglia di sentirsi indispensabili

Sono in ferie, ma… Dimmi pure!

Quante volte vi è capitato di sentirlo? Oppure addirittura di dirlo voi stessi? Siete anche voi Milanesi Imbruttiti che non staccano il cellulare manco alle Bahamas? Oppure dei Raniero Cotti che anche in viaggio di nozze non volete mai perdere il ritmo?

Se sì, sappiatelo: l’articolo che state leggendo è volutamente provocatorio.

Sì, perché insita in quella apparente nobile affermazione di disponibilità si nascondono tanti lati oscuri e, nessuno si arrabbi, una chiara ed evidente mancanza di professionalità.

Per chi è così fortunato da vivere in una società in cui le ferie sono un diritto, pare assurdo ma sebbene siamo nel 2022 questa cosa non è così scontata, il momento delle ferie dovrebbe essere quello in cui il tanto osannato bilanciamento vita/lavoro si rimette in pari.

Staccare la spina.

Ricaricare le pile.

Qualsiasi metafora va bene per rappresentare quello di cui stiamo parlando: un momento in cui non si lavora.

Ed ecco la prima affermazione provocatoria di questo articolo: non esistono ragioni reali per cui è indispensabile che un professionista interrompa le proprie ferie, anche solo per mezzora, per lavorare.

Seconda provocazione, ancora più esplicita: se si creano le condizioni perché questo avvenga la responsabilità è della persona stessa.

Tanti distinguo, tanti “eh ma…”, perciò chiariamo subito, non è verso la professione del neurochirurgo che è rivolto questo articolo, bensì alla nostra abituale audience: gli informatici.

Va bene anche chiamarli DevOps.

Ebbene, nuovamente: non dovrebbe esistere una valida ragione per cui qualcuno che fa l’informatico debba interrompere le proprie ferie. Ma ho già aggiunto un condizionale. Ed il condizionale è dovuto al fatto che esistono dei metodi chiari e semplici per evitare di venire disturbati.

Quali? Alcune idee:

  • Facendo in modo da non lasciare attività in sospeso, quindi iniziando per tempo ad organizzare il proprio lavoro in funzione del fatto che, ad un certo punto, noi non saremo lì a gestirlo.
  • Evitando di sistemarsi in posizioni di collo di bottiglia per i workflow operativi, vincolanti per l’esecuzione di determinate operazioni. Evitare cioè di essere SPOF, ossia Single Point Of Failure.
  • Creando documentazione che sia completa ed esaustiva, ma soprattutto fruibile da altre persone oltre a noi.
  • Delegando, iniziando cioè a fidarsi dei propri collaboratori, facendo sì che la responsabilità di certe attività sia equamente distribuita.
  • Riconoscendo per tempo e con sincerità le situazioni critiche, senza dire “ci penserò al mio ritorno“.

A poco vale dire “eh ma se mi chiamano che faccio, non rispondo?”. La verità è che è tutta questione di proattività. Se non rispondi ma hai lasciato tutto documentato la gente saprà arrangiarsi.

In parole povere il mondo non smetterà di girare perché tu non hai risposto al telefono.

E forse il problema di fondo sta proprio lì, ed ha un nome specifico: ego. Quanto importanti ci si sente quando sulla cima di una montagna squilla il telefono e dall’altra parte c’è qualcuno che dice “aiutaci, altrimenti siamo fottuti”.

Diciamo la verità: quanto bello è sentirsi indispensabili?

Quanto bello è tornare dalle ferie e dire “eh non mi hanno lasciato stare un minuto, senza di me son perduti”. Per poi avere anche la carta da giocarsi nei momenti giusti: “certo che mi merito l’aumento, con tutte le volte che mi avete chiamato quando ero in ferie!”.

Una goduria.

Apparentemente.

Perché questo tipo di approccio rappresenta il male delle aziende. Un rischio altissimo che i più ignorano finché è troppo tardi. Perché quando si è al collasso perché “questa cosa la sa fare solo lui” e “lui” ha deciso di cambiare azienda, allora sì che son dolori.

Pensateci: assumereste mai qualcuno che racconta cose tipo “Quando me ne sono andato da quell’azienda questi hanno fatto un mese di down dei servizi”?

Essere dei buoni professionisti e, perché no, anche delle brave persone, sta tutto nell’approccio che si sceglie di utilizzare su questi temi. E non esiste approccio migliore del lasciare un posto in una condizione migliore rispetto a quando si è arrivati. Fosse anche solo per il tempo di una vacanza.

Buone ferie!

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

2 risposte a “Saturday’s Talks: “Sono in ferie, ma dimmi pure!” o come combattere l’insostenibile voglia di sentirsi indispensabili”

  1. Avatar amedeo lanza
    amedeo lanza

    Molto simile a quello che da decenni considero il ‘mantenersi il lavoro’: sviluppare il software coi piedi, inutilmente arzigogolato e farcito di pippe mentali anzi demenziali. Negli anni ho visto colleghi lavorare in quel modo, non dico di proposito ma certamente garantiva loro il posto per la manutenzione di quello che definivano un’applicazione. Spesso è anche colpa dell’azienda o di chi gestisce progetti e risorse che preferiscono soluzioni veloci e meno costose (sul momento), non capiscono che la manutenzione costa più dello sviluppo e che la documentazione può far risparmiare tempo e grattacapi.

    Pensateci: assumereste mai qualcuno che racconta cose tipo “Quando me ne
    sono andato da quell’azienda questi hanno fatto un mese di down dei
    servizi”?

    Dipende, se il down è perché non ha lasciato le consegna a chi avrebbe preso il suo posto, non è certo un buon candidato ma se se n’è andato a causa di restrizioni aziendali (in genere di budget) che impedissero lo svolgimento adeguato del lavoro, potrebbe essere che stia cercando un posto dove si lavori civilmente dando importanza a tutti gli aspetti e non solo alla velocità di consegna. Per mia esperienza, i commerciali (e non solo loro) che fanno finta di essere i capiprogetto sono un esempio eclatante: scelte imposte dal risparmio immediato e lungimiranza tecnica inesistente (del resto manca loro la competenza). Regolarmente sorgono problemi tecnici dovuti a scelte che hanno imposto senza dare retta a chi poi avrebbe dovuto implementare il sotware.

  2. Avatar Edoardo Beltramo
    Edoardo Beltramo

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