I licenziamenti di massa di Twitter porteranno al fallimento? Può essere, se non riassumeranno sistemisti CentOS Linux

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Avrete tutti sentito sui principali canali di informazione la notizia del momento: dopo l’acquisto da parte di Elon Musk di Twitter, o per meglio dire la fine dell’odissea di cause legali, proposte e ritirate, l’uomo del futuro, il Tony Stark de no artri, ha avviato una serie di “aggiustamenti” che hanno compreso il licenziamento di circa la metà della forza lavoro dell’azienda dell’uccellino azzurro.

Ma possiamo dire che alle storie di licenziamenti di massa siamo ormai abituati, sono cose “all’ordine del giorno” (sigh!), quindi perché ne stiamo parlando sul portale? Il motivo è semplice e tocca temi a noi cari.

I servizi di Twitter, stando a quanto racconta ZDNet, sono basati su CentOS, precisamente la versione 7. Inutile ricordare a tutti voi che fine ha fatto recentemente la distribuzione community di Red Hat Enteprise Linux, di fatto “ritirata dal mercato” e convertita nella rolling release CentOS Stream da parte di Red Hat, che ne possedeva la totalità degli sviluppatori.

CentOS 7, come tutti abbiamo imparato a nostre spese, terminerà il suo ciclo di vita a fine 2024. Chi gestirà questa migrazione all’interno di Twitter se la metà del personale è stato licenziato?

È chiaramente inutile definire la problematica “a lungo termine”, per una questione di meri numeri: l’infrastruttura di Twitter ad oggi è strutturata per reggere il carico di quattrocentocinquanta milioni di utenti ogni mese. Il che significa che qualsiasi tipo di migrazione non solo avrebbe già dovuto essere pianificata, ma anche già in atto.

A tutto questo si aggiunge il fatto che, come racconta l’articolo di ZDNet, è comprovato come licenziare una grossa fetta di dipendenti provoca le conseguenti dimissioni del personale esistente, che si sente sfiduciato. Il rapporto indicato parla della metà. Licenzi il 10%? Aspettati le dimissioni di un altro 5% dei dipendenti attuali. Se contiamo che Iron Man ha licenziato il 50% della sua forza lavoro… I conti si fanno in fretta.

Non c’è quindi da stupirsi di come buona parte di quanti sono stati lasciati a casa siano già stati richiamati, e non stupisce nemmeno leggere di come la maggioranza di queste persone abbia detto un bel “grazie, ma no grazie“.

Twitter morirà dall’oggi al domani? Probabile di no. Più probabile uno scenario di degrado sempre più consistente, che si completerà nel collasso finale.

È uno scenario troppo catastrofico? Da persona che vive i datacenter da tutta una carriera mi verrebbe da dire che è invece qualcosa di più che plausibile, ma staremo a vedere.

Voi che ne pensate?

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

8 risposte a “I licenziamenti di massa di Twitter porteranno al fallimento? Può essere, se non riassumeranno sistemisti CentOS Linux”

  1. Avatar Geek Falcon
    Geek Falcon

    Tutta pubblicità: purchè se ne parli. Facile annunciare esuberi per guardagnare in borsa e poi ritrattare abbassando il tiro. Cose che si possono fare soltanto se sei una delle persone più seguite al mondo, se seguissi il suo profilo questa sarebbe la volta buona che toglierei la mia sottoscrizione.

  2. Avatar BlaBla
    BlaBla

    Con tutti i soldi che ha quel tizio figuriamoci se fallisce

  3. Avatar Mauro Miatello
    Mauro Miatello

    twitter non è più quotata se non sbaglio, forse proprio in previsione di questo marasma. onestamente, spero che fallisca, servono più imprenditori seri e meno pagliacci da palcoscenico.

  4. Avatar Mauro Miatello
    Mauro Miatello

    di fallimenti anche più grossi di questo ce ne sono già stati.

  5. Avatar BlaBla
    BlaBla

    sefallisce non è perchè non avevano nessuno che gli faceva gli update ai server…

  6. Avatar Raoul Scarazzini

    Non so sai… Stiamo parlando di un’azienda che basa l’intero suo business sulla responsività dei propri servizi (e quindi server). Il degradamento generale delle performance può essere il proverbiale sassolino che provoca la frana che, come spiega l’articolo di ZDNet, potrebbe non verificarsi dall’oggi al domani, ma in maniera più lineare e diluita nel tempo.
    Ma è chiaro, chiarissimo, che si trattano di mere speculazioni e ipotesi, sono anche io per primo convinto che Twitter non fallirà, non fosse altro perché buona parte di queste grandi corporation sfoggiano carrozzerie stile Ferrari, ma hanno il motore della 500.

  7. Avatar BlaBla
    BlaBla

    i server saranno sicuramente molto numerosi e avranno un sistema di bilanciamento del carico per cui se un server va offline il carico viene distribuito su quelli rimasti attivi. Sarà solo questione reinstallare un server alla volta, non si sa quanti sistemisti gli sono rimasti realmente, se erano in esubero magari ne sono rimasti abbastastanza e se gli mancheranno ne assumeranno di nuovi o riassumeranno qualcuno di quelli licenziati, in 1 anno di cose ne puoi fare tante.

  8. Avatar Raoul Scarazzini

    Non la farei così semplice, non è solo questione di reinstallare un server, qui si tratta di gestire rilasci, applicare patch e via dicendo. Tutto va bene finché tutto funziona, quando c’è qualche problema è lì che si vede il vero valore della struttura. Comunque sia vedremo, credo anche io che riassumeranno gente, bisogna vedere chi ci vorrà andare. Anche se il mercato USA è diverso dal nostro, cmq qui si è capito che Twitter è un posto “caldo”. Vedremo.

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