A meno che non stiate lavorando in piccolissimi team, o che siate degli sviluppatori solitari, con ogni probabilità conoscete Slack, il software di instant messaging più utilizzato in ambito aziendale.
Lo uso ogni giorno anche io, così come la comunità WordPress italiana, che ha recentemente pubblicato questo post, lamentando che lo storico dei messaggi su Slack è di tre mesi nella versione gratuita. Nell’articolo si dice:
Al momento di adottare la versione gratuita di Slack questo limite non era presente, e quindi per diversi anni abbiamo utilizzato Slack con risultati positivi.
Slack è un’azienda privata e ha il sacrosanto diritto di decidere come tariffare i propri servizi. Purtroppo, ha anche il diritto di decidere quando e come cambiare la versione gratuita del suo servizio.
Ma proprio questo, ossia il fatto che Slack sia un software proprietario e di proprietà di un’azienda, rivela quando può essere controproducente scegliere un software sulla base della comodità piuttosto che della libertà.
I limiti di un software proprietario sono qualcosa che chi ha più di trent’anni, probabilmente ricorderà: ricevere documenti word via email che utenti GNU/Linux non potevano aprire è un esempio; la proposta di utilizzare H.264 come formato video standard per il web un altro. Quando software proprietari utilizzano formati proprietari, i nostri dati sono vincolati al produttore: se il produttore decide che il suo protocollo è chiuso, ti può chiudere l’account se hai tentato di capirlo: ricordate perché Linus Torvalds scrisse git? No? Ecco un promemoria, cortesia di LinuxJournal.com:
In 2005, Andrew tried to reverse-engineer the BitKeeper networking protocols in order to create a free software alternative. If it hadn’t been him, it would’ve been someone else—it was only a matter of time. Larry McVoy had warned the Linux developers that he would pull the plug if anyone tried this, and that’s exactly what he did. Suddenly, BitKeeper no longer could be used for kernel development. The entire development toolchain, and all the developer culture that had sprung up around distributed version control, was thrown into uncertainty.
Nel 2005, Andrew (Tridgell, il creatore del file server SAMBA) tentò di fare reverse-engineer del protocollo Bitkeeper, nel tentativo di creare una versione free – software (del client, ndr). Se non fosse stato lui, sarebbe stato qualcun altro, era solo questione di tempo. Larry McVoy (CEO di BitMover, nrd) avvertì gli sviluppatori Linux che avrebbe staccato la spina se qualcuno ci avesse provato ed è esattamente ciò che fece. Improvvisamente, BitKeeper non poté più essere utilizzato per lo sviluppo del kernel. L’intera development toolchain e tutta cultura di sviluppo che era spuntata attorno al concetto di sistema di controllo distribuito, venne scaraventata nell’incertezza.
Certo, questo evento portò alla nascita di Git: ma immaginate cosa significò trovarsi da un giorno all’altro senza uno strumento così importante e ritrovarsi a dover scrivere un sostituto da zero.
Alternative a Slack esistono, Mattermost, così come matrix.org o XMPP/Jabber. Forse l’inossidabile IRC potrebbe essere una alternativa, con il giusto client e qualche add-on.
Qualunque sia la soluzione scelta, una volta decisa la migrazione bisogna sempre affrontare i problemi che questa migrazione comporta: riconfigurare le utenze, copiare e riformattare gli storici, testare e, importante, sperare che gli utenti si trasferiscano con noi.
Ma nel caso di un software libero o comunque di un protocollo aperto, ciò è meno traumatico: cambiare il programma server o il nome di dominio è questione di pochi o nessun cambiamento per gli utenti.
Pensateci ogni volta che utilizzate il vostro browser preferito o che aprite un’immagine PNG.
Appassionato di GNU/Linux dal 2000, tento disperatamente di tenermi distante dalla programmazione web e di sviluppare in C/C++ e Python i software che mi vengono commissionati.
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