Saturday’s Talks: il nemico burnout è sempre in agguato, ecco perché molti maintainer di progetti open-source lasciano. Ragazzi, godetevi le ferie!

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Ogni volta che si legge dell’abbandono di un progetto open-source da parte del suo storico maintainer la sensazione che va per la maggiore è sempre quella dell’amarezza. Anche nel caso in cui quel software (o quel gruppo di software) magari neanche lo si conosceva.

Amarezza perché in genere le cause dell’abbandono sono sempre due: burnout e poco riconoscimento (economico o morale che sia). Se per il secondo aspetto c’è poco da fare (o si trova qualcuno disposto a pagare o è chiaro che al massimo ci si può muovere a tempo perso), del primo tema, quello del burnout, ne abbiamo parlato alla fine dello scorso anno, sempre in un Saturday’s Talks, dal titolo Saturday’s Talks: allarme burnout! Per questo Natale fatevi un regalo, siate coraggiosi! e non è che i concetti espressi in quella circostanza siano poi troppo cambiati oggi.

Alice “psykose“, che attualmente è la più prolifica maintainer di pacchetti per Alpine Linux, ha deciso di fare un passo da parte, per dedicarsi ad altro. Come riporta Phoronix, questo era il grado di impegno immesso nel progetto da parte della maintainer:

Alpine package stats

Quindi stiamo parlando non solo di una posizione “importante”, quanto piuttosto di un caposaldo su cui effettivamente poggia l’intero progetto. Intervistata da Phoronix psykose ha affermato di voler, letteralmente, dormire per un anno.

Sintomo che forse il grado di stress che doveva sopportare era un tantino elevato.

Stessa storia quella raccontata da FOSS Force, in cui Darrick Wong, maintainer del file-system XFS da sei anni (e comunque coinvolto nel progetto da 12), ha annunciato la sua rinuncia a mantenere il ruolo, motivandolo con l’elevatissimo grado di stress e raccontando la sua esperienza:

I burned out years ago trying to juggle the roles senior developer, reviewer, tester, triager (crappily), release manager, and (at times) manager liaison. There’s enough work here in this one subsystem for a team of 20 FT, but instead we’re squeezed to half that. I thought if I could hold on just a bit longer I could help to maintain the focus on long term development to improve the experience for users. I was wrong.

Sono andato in burnout anni fa cercando di destreggiarmi tra i ruoli di sviluppatore senior, revisore, tester, triager (schifosamente), responsabile del rilascio e (a volte) collegamento con il manager. C’è abbastanza lavoro qui in questo sottosistema per una squadra di 20 FT (20 persone impiegate a tempo pieno, FT, Full Time), ma invece siamo ridotti alla metà. Ho pensato che se fossi riuscito a resistere ancora un po’ avrei potuto aiutare a mantenere l’attenzione sullo sviluppo a lungo termine per migliorare l’esperienza per gli utenti. Mi sbagliavo.

E la chiosa finale sulle motivazioni fa pensare a come questo debba suonare come un campanello dall’allarme per tutti i maintainer di progetti open-source complessi come XFS:

Nowadays, people working on XFS seem to spend most of their time on distro kernel backports and dealing with AI-generated corner case bug reports that aren’t user reports. Reviewing has become a nightmare of sifting through under-documented kernel code trying to decide if this new feature won’t break all the other features. Getting reviews is an unpleasant process of negotiating with demands for further cleanups, trying to figure out if a review comment is based in experience or unfamiliarity, and wondering if the silence means anything.

Al giorno d’oggi, le persone che lavorano su XFS sembrano trascorrere la maggior parte del loro tempo sui backport del kernel di distribuzione e si occupano di segnalazioni di bug di casi limite generate dall’intelligenza artificiale, che non sono segnalazioni degli utenti. La revisione è diventata un incubo, andando a setacciare il codice del kernel poco documentato e cercando di decidere se questa nuova funzionalità non interromperà tutte le altre funzionalità. Ottenere review è uno spiacevole processo di negoziazione con richieste di ulteriori pulizie, cercando di capire se un commento di una review si basa sull’esperienza o sulla non familiarità e chiedendosi se il silenzio significhi qualcosa.

Poco altro da aggiungere, se non il rinnovato allarme burnout, che capita nel periodo di tempo più delicato dell’anno, le ferie. Nell’articolo precedente chiudevo dicendo di farsi un regalo, cercando di essere coraggiosi e di imporre sul proprio stile di vita il cambiamento di cui c’è bisogno per non bruciarsi.

Va ricordato infatti, e mi scuseranno i grandi capi, come nessuno vi farà un monumento se anziché godervi il vostro meritato relax passerete la giornata davanti a un laptop facendo restart di servizi, pensando che siete indispensabili. Semplicemente sarete quelli che ci sono sempre e comunque, eppure di aziende fallite perché un restart non è stato eseguito non ne ho mai sentite, mentre di persone che dicono “non ce la faccio più” è pieno il mondo.

Quello non è lavoro, non è dignità, non è nemmeno umanità. Solo che nessuno ve lo dirà, tanto meno chi vi chiama mentre siete a godervi il riposo.

Soprattutto nessuno potrà essere felice al vostro posto, quindi… Buone ferie a tutti!

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

11 risposte a “Saturday’s Talks: il nemico burnout è sempre in agguato, ecco perché molti maintainer di progetti open-source lasciano. Ragazzi, godetevi le ferie!”

  1. Avatar M²

    Ottimo articolo! Complimenti all’autore! Questo fa il paio con quello di John sulla reperibilità.
    Si può arrivare a livelli assurdi di stress

  2. Avatar Andrea Quaglia
    Andrea Quaglia

    Quando ti fanno pressione perché “sei indispensabile”, solitamente alla prima occasione le aziende ti lasciano a casa…

  3. Avatar Raoul Scarazzini

    Assolutamente sì. La parte importante è relativa al coraggio. Di saper dire no, di cambiare, di essere felici. Cosa per la quale, può sembrare una cazzata, ci vuole impegno, costanza e… Coraggio.

  4. Avatar Raoul Scarazzini

    Non so se sia proprio così, mentre so per certo che si danno sempre per scontate tante cose, fintanto che ci sono a prescindere. Vedi la persona dall’altra parte della cornetta.

  5. Avatar Enrico Cavallini
    Enrico Cavallini

    Forse l’utopia del free software sta arrivando al capolinea? Mi sono sempre chiesto come potesse stare in piedi tutto questo mondo, a parte, certo, i soldi universitari.

  6. Avatar JustATiredMan
    JustATiredMan

    secondo me si. Stà arrivando al capolinea a causa della complessità che è sempre più elevata. Aveva forse un senso a partire dagli anni ’60 con Stallman quando si lavorava su sistemi più semplici, o comunque, seppur complessi, erano usati dagli addetti ai lavori, dove si poteva focalizzarsi solo sul problema e tralasciare tutto il resto. Si è potuto continuare poi dagli anni ’90 fino i primi ’00 grazie alle semplicità (si fa per dire) dell’hardware e ad internet che ha dato modo a decine di migliaia di persone di collaborare, e poi fino al 2010, grazie all’arrivo delle aziende che ci hanno costruito un business sopra, ma adesso la complessità di sistemi, hardware, reti, sistemi multi processing, etc.etc. è tale che uno sparuto di persone, seppur dotate, non possono farcela da soli, nemmeno se si dedicassero full time. Quando aumentano le complessità occorrono molte più persone, più organizzazione, e quindi più $$$$… purtroppo anche se i soldi sono lo sterco del diavolo, senza, non si può vivere, e più se ne ha, meglio è.

  7. Avatar JustATiredMan
    JustATiredMan

    si è così purtroppo. Per alcune, sei indispensabile solo se riesci a fare il lavoro di 3 persone e fino a quando non chiedi un adeguamento retributivo, diversamente ti fanno vedere la pila di curricula ricevute di persone pronte a sostituirti, e nel caso si volesse continuare a discutere, ti indicano la porta. Poi magari, inizialmente se ne pentono e perdono qualcosa, ma poco importa, nel medio periodo, chiunque se ne vada, può essere rimpiazzato pià o meno agevolmente… almeno fintanto che le defezioni, sono una piccola percentuale mensile, sul totale del personale. Tutte i bei articoli, discorsi, suggerimenti, che si leggono sui giornali, social (quelli su linkedin sono i più divertenti) e altri media, sono solo delle grandissime baggianate, la realtà vera è che siamo tutti numeri. Se poi sei un freelance è anche peggio…

  8. Avatar JaK
    JaK

    Mi spiace, ma è vero, perlomeno in Italia.

    All’estero le cose le ho trovate ben diverse

  9. Avatar JaK
    JaK

    Di quale utopia parliamo? Quella di un sistema operativo completamente libero o quella di avere gigabytes di ottimo software gratis?
    Credo, più banalmente, che aziende che hanno fatto i soldi grazie al lavoro di volontari, si stanno lentamente rendendo conto che non possono “limitarsi” (il virgolettato è d’obbligo) a testare e pacchettizzare un parco software gratuito per poi rivenderlo.

  10. Avatar Raoul Scarazzini

    Questo della complessità è un tema centrale e a me carissimo, penso sia davvero la chiave di volta di tutto il ragionamento su dove andrà il software da qui in avanti, e l’analisi che hai fatto, per quanto amara, è secondo me corretta.

  11. Avatar Raoul Scarazzini

    Credo che l’aspetto non sia tanto quello, quanto piuttosto la dispersione dei potenziali introiti. Per creare un parallelo: se c’è acqua in abbondanza tenere aperte le fontane pubbliche non è un problema, tanto ce n’è più che a sufficienza per tutti, ma è ovvio che se arriva il caldo soffocante, non piove e l’acqua scarseggia, la prima cosa a chiudere sono proprio le fontane pubbliche. E tu che magari davi scontato nel tuo giro di poterti fermare a riempire le borracce… Rimani assetato.

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