Con un annuncio che in pochi si aspettavano, qualche giorno fa Raspberry Pi ha annunciato la imminente disponibilità del Raspberry Pi 5, l’ultima evoluzione del celeberrimo computer grande come una carta di credito.
Sia le dimensioni che le la sistemazione generale di porte e connettori, specie i GPIO (General-purpose input/output), vera caratteristica del sistema, sono rimasti pressoché dove erano nel Pi 4, quindi a prima vista la schedina è praticamente sempre uguale a se stessa. E questo possiamo dirlo praticamente fin dal primo Rasbperry Pi, di ormai più di 10 anni fa.
Le novità
Le differenze negli altri componenti non sono grossissime, tranne per due dettagli davvero importanti:
- lo spezzettamento del SoC (System on a Chip) in 3 componenti (chip);
- la presenza di una porta PCI Express.
Partiamo dal SoC: tradizionalmente tutto quello che riguardava l’hardware computazionale era parte di un unico chip integrato, che (per l’appunto) comprendeva tutta una serie di controller per le connessioni offerte. Per esempio:
- la CPU vera e propria;
- la RAM;
- i contatti per le porte USB;
- quelli per le GPO;
- la gestione dell’energia.
Con Raspberry Pi 5 questo concetto smette di valere per avvicinarsi alla composizione per componenti dei PC tradizionali. Non siamo ancora ad un fiorire di componenti dedicati (North Bridge, South Bridge, controller RAM, controller SCSI, etc.), ma comunque passiamo da un chip unico a un insieme i 3 chip:
- Application Processor, AP, il cuore della capacità di calcolo.
- RP1, dedicato alle connessioni più lente (USB e GPIO).
- DA9091, dedicato alla gestione della corrente elettrica.
Application Processor
Il cuore del sistema è sempre di architettura ARM, prodotto sempre da Broadcom, ed è la diretta evoluzione del chip presente nel Pi 4 – come del resto il nome suggerisce, che passa da BCM2711 a BCM2712.
Cambia il processo produttivo, da 28 a 16 nanometri, che permette di migliorare (e non di poco) l’efficienza energetica pur incrementando la frequenza.
Oltre ai miglioramenti appena citati di produzione, ce ne sono alcuni di progettazione (Cortex-A76 invece di Cortex-A72, LPPDR4X per la RAM, maggiore cache, nuova GPU VideoCore VII), che avrebbero come risultato un aumento di capacità di calcolo di più di due volte rispetto al Pi4. Davvero non male, non trovate?
Oltre a questo, è presente la gestione delle linee PCI Express 2.0, di cui una disponibile per device esterni. Con un modulo, sarà possibile – per esempio – avere un disco NVMe con tutta la velocità (e compattezza) del caso.
RP1
Questo chip è di progettazione propria di Raspberry, e si occupa di quelle linee di comunicazione più lente di cui è dotato il Raspberry Pi. Parliamo in particolare delle porte USB (sia 2 che 3), delle interfacce seriali, dei GPIO e della scheda ethernet (sempre a 1 GBit/s). A sua volta, RP1 si connette all’AP tramite quattro linee PCI Express 2.0 – più che sufficienti a gestire tutte le interfacce esposte assieme.
Il vantaggio vero del chip separato, seguendo la logica dei chiplet, è quella di poterlo produrre con tecnologie meno sofisticate, e quindi risultare più economico. Per esempio, il processo produttivo di questo chip è a 40 nanometri – ben lontano dai 16 nm dell’AP.
Il risultato è l’estensione delle capacità garantite dalla CPU ad alte prestazioni con una spesa (di produzione) modesta.
DA9091
La fornitura costante della giusta energia a tutte le componenti, comprese quelle esterne, è fondamentale per il buon funzionamento del sistema. E quindi un chip dedicato, capace di adattare la corrente da fornire alle varie situazioni, può essere una soluzione.
Avendo una gestione più fine della fornitura elettrica, è possibile anche offrire un paio di funzionalità in più – chieste da più parti:
- Un orologio alimentato da una fonte esterna (come una batteria piatta al litio, da lungo tempo presente nelle motherboard dei PC anche per questa funzione).
- Un tasto di accensione (che sì, finora è sempre mancato).
Le mancate novità
Chi sperava in una connessione diretta mSATA o NVMe dovrà attendere ancora: non è possibile trasformare (direttamente) il Pi in un piccolo brick di storage.
Come chi sperava in porte Ethernet più veloci (per esempio da 2.5GBit/s), o in più porte, per poterlo trasformare in qualche apparato di rete.
In entrambi i casi, però, si potrà sperare in accessori che tramite l’interfaccia PCI Express sopperiscano – almeno in parte.
C’è da ricordare che la vocazione del Raspberry Pi non è essere un dispositivo universale, ma una piattaforma di apprendimento sia di Linux che – soprattutto – di programmazione e gestione dispositivi esterni tramite GPIO.
Considerazioni finali
Gli amici di Phoronix hanno già un dispositivo in mano in anteprima, e ovviamente già fatto girare i loro banchmark. Il risultato è che l’aumento di prestazioni c’è ed è considerevole (specie per la GPU), ma anche che il raffreddamento attivo (tramite ventola, presente anche nei kit base di Raspberry Pi) è irrinunciabile per chi cerca performance. Senza ventola, l’aumento è comunque presente, sebbene più contenuto: anche laddove la silenziosità sia requisito fondamentale, quindi, il Pi 5 potrà essere una risposta.
Il prezzo va da 60$ per la versione a 4GB di RAM a 80$ per quella da 8GB. Si prevedono anche versioni a 1 GB e 2 GB, ma sembra che non ci saranno tagli superiori (16 GB, per esempio).
A questi prezzi base dobbiamo aggiungere circa 40 $ tra alimentatore, case e microSD (tuttora lo storage di default del sistema).
Sebbene siano lontani i tempi degli annunci di board sotto i 35 $, possiamo dire che questa ultima incarnazione, a 5 $ dollari in più del Pi 4, non costa tanto. Ma, in effetti, nemmeno poco.
Ricordiamo che Raspberry è stata la prima ad avere un certo successo con le board (specie a basso costo), e rimane anche tuttora il produttore più diffuso (e con più accessori disponibili). Ma che di sicuro non è l’unico: nel tempo sono comparsi cloni o veri e propri competitor.
Uno di questi è Orange Pi, che già offre il suo Pi 5 ad un prezzo simile. E che Phoronix ha incluso come paragone nei banchmark, dimostrando una sostanziale parità di potenza con talune aree di miglior performance per Orange Pi grazie agli 8 core (contro i 4 di Rasperry).
Quindi, un’alternativa c’è. Quale preferite?
Ho coltivato la mia passione per l’informatica fin da bambino, coi primi programmi BASIC. In età adulta mi sono avvicinato a Linux ed alla programmazione C, per poi interessarmi di reti. Infine, il mio hobby è diventato anche il mio lavoro.
Per me il modo migliore di imparare è fare, e per questo devo utilizzare le tecnologie che ritengo interessanti; a questo scopo, il mondo opensource offre gli strumenti perfetti.
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