Dopo aver definito il concetto di open-source, Bruce Perens lo giudica fallito, proponendo una nuova via: il post-open

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Lo scorso 6 e 7 febbraio si è svolta a Londra la conferenza tecnologica SOOCON24, State of Open Conference 2024, interessantissimo evento dedicato all’open-source ed al suo stato, con speaker d’eccezione che hanno animato le discussioni ed esplorato temi che per i lettori di questo blog sono fondamentali.

Tra questi c’era Bruce Perens, figura che chiunque abbia utilizzato con cognizione di causa la parola “open-source” dovrebbe conoscere, poiché a tutti gli effetti creatore della sua definizione. Di Perens avevamo parlato sul blog anni fa, quando avevamo raccontato con le dimissioni dalla Open Source Initiative che aveva contribuito a fondare, e la conseguente battaglia per un open-source coerente.

Nelle affermazioni di Perens si trovavano già al tempo la ricerca di una dimensione più affine alle origini del concetto di open-source, specificamente delle sue licenze. Ricorderete la causa vinta dallo stesso Perens contro Open Source Security Inc. per violazione della GPL e di come la causa stessa servì da pretesto per innescare una necessaria revisione di quelle che sono le licenze open-source oggi.

Arriviamo alla SOOCON24, all’interno della quale, senza mezzi termini, Perens si pronuncia con molto pessimismo in merito allo stato attuale delle cose. Ecco le sue parole riportate da DevClass:

I’m not the happy speaker. Everyone else is going to tell you how great open source has been, and I’m going to tell you how we failed.

Non sono lo speaker gioviale. Altri vi diranno quanto è stato importante l’open-source, ma io sono qui per dirvi come abbiamo fallito.

Continuando poi a spiegare come l’open-source sia un…

great corporate welfare program. Our users are the richest companies in the world …in contrast, our developers who aren’t working for those companies probably go uncompensated.

ottimo programma di welfare aziendale. I nostri utenti sono le aziende più ricche del mondo… al contrario, i nostri sviluppatori che non lavorano per quelle aziende probabilmente non ricevono alcun compenso.

Per chiudere descrivendo quanto il mercato sia…

unfairly structured to reward corporate licensees rather than us, the licensors who create the software.

strutturato ingiustamente per premiare le aziende che usano le licenze piuttosto che noi, che creiamo il software e lo licenziamo.

E per rompere il cerchio propone una soluzione, denominata post-open: richiedere cioè alle entità che generano entrate specifiche, fissando ad almeno 5 milioni di dollari di revenue questa quota, di pagare una tariffa che dia loro il diritto di utilizzare tutto il software post-open con un’unica licenza.

I soldi raccolti verrebbero pagati ai contributori tramite organizzazioni intermediarie fidate, sulla base della verifica del software utilizzato e dell’analisi dei contributori all’interno dei progetti stessi.

Quanto applicabile possa essere questa “regola” è tutto da stabilire, ma prima di pensare a come sarà impossibile far rispettare una regola simile alle big corporation vale la pena ricordare nuovamente la causa citata in precedenza e vinta da Perens contro Open Source Security Inc. ed a come pochi avrebbero scommesso su una sua vittoria.

Certo è che ripensando alla narrativa recente in merito alle licenze, discusso nel recente Saturday’s Talks dal titolo “se la Linux Foundation continuerà con i fork non risolverà mai il problema delle licenze open-source che diventano closed”, la posizione di Perens dimostra come un’alternativa costruttiva rispetto ai fork sia effettivamente percorribile. Magari da correggere, modificare e discutere ancora, ma sicuramente possibile.

Probabilmente per il futuro stesso dell’open-source prestare orecchio a chi lo ha definito potrebbe essere una buona idea.

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

5 risposte a “Dopo aver definito il concetto di open-source, Bruce Perens lo giudica fallito, proponendo una nuova via: il post-open”

  1. Avatar Black_Codec

    Secondo me dovrebbero capire che open source != da free…

  2. Avatar Raoul Scarazzini

    Riesci a chiarire quel “dovrebbero”? Nello specifico a chi ti riferisci?

  3. Avatar Black_Codec

    Caso per caso… Nei casi citati nei precedenti articoli il fork dell’apache foundation degli ultimi progetti, ma anche banalmente podman etc… Prendo podman ad esempio perché lo seguivo di più degli altri, docker open source con licenza non ricordo se gpl o quel che era portato avanti da un’azienda… I contributi delle persone sono andate a un progetto non free nel senso di gratuito ma free nel senso di codice liberamente consultabile, ti lamenti che poi l’azienda che ha pagato gli sviluppi voglia monetizzare? E che fai? Esegui il fork? Non è corretto neanche quello se vogliamo… Ti sembra un buon progetto? Vuoi contribuire sapendo che non è tua la proprietà intellettuale? Fai altrimenti non contribuisci. La FSF se ci tiene così tanto prima di sponsorizzare qualsiasi progetto si facesse passare la proprietà intellettuale, vuoi far parte dei progetti della fsf è così, non ti sta bene vai avanti nella tua modalità e amen.

  4. Avatar Raoul Scarazzini

    Occhio che citi FSF (Free Software Foundation) come fosse LF (Linux Foundation), ma son due cose molto, molto, molto diverse 🙂

  5. Avatar Black_Codec

    Chiaro grazie, ma hanno risposto allo stesso modo a due problemi identici… Lamentandosi e poi forkando..

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