La tempesta di neve non ha fermato il Kernel Linux, ma nemmeno giovato all’umore di Torvalds

Come avevamo anticipato in chiusura dell’articolo “Riuscirà una tempesta invernale dove tutti hanno fallito, cioè a fermare una release del Kernel Linux?” in realtà ci credevamo poco anche noi e, puntualmente, la conferma è arrivata: Linus Torvalds ha ripreso a lavorare a tutte le pull request della prossima versione del Kernel Linux, il problema è che è particolarmente… Agguerrito.

Il lavoro di merge è ripreso lo scorso diciassette gennaio, quindi praticamente lo stesso giorno in cui riportavamo la notizia e, come riporta Phoronix, il numero di merge effettuate già allora era imponente, as usual:

Linux 6.8 Git activity

Ma le notizie non finiscono qui, perché il giorno successivo sempre Phoronix ha raccontato della pubblicazione della fix relativa alla horrendous performance regression che Torvalds aveva rilevato con una certa enfasi prima della tempesta. La patch, logicamente identificata come “urgente”, è stata inclusa nel Kernel e sarà presente quindi nella sua versione 6.8, pertanto tutto torna tranquillo.

Talmente tranquillo, che è tempo in realtà per una bella polemica il cui pretesto sono gli inode, che il Dittatore Benevolo ritiene letteralmente abbiano fatto il loro tempo.

Gli inode (index node) sono una struttura di dati utilizzata nei filesystem Unix e Unix-like per memorizzare informazioni su un file o una directory. Per ciascuno di essi vi è associato un inode che contiene metadati cruciali.

In un thread sulla mailing list del Kernel Linux, raccontato da The Register, Torvalds non usa giri di parole:

Yes, inode numbers used to be special, and there’s history behind it. But we should basically try very hard to walk away from that broken history.
An inode number just isn’t a unique descriptor any more. We’re not living in the 1970s, and filesystems have changed.

Sì, i numeri di inode erano speciali e c’è della storia dietro ad essi, ma dovremmo cercare decisamente di allontanarci da quella storia, che è rotta.
Un numero di inode non è più un descrittore univoco, non viviamo negli anni ’70, ed i filesystem sono cambiati.

La verità però è che la riflessione sugli inode è parte di un discorso più ampio rivolto allo sviluppatore (che proviene da Google) che poi ha proposto una patch, particolarmente indigesta al creatore di Linux il quale, per un momento, ha ricordato il “vecchio” Torvalds pre-ritiro (di ben due settimane, nel 2018):

You copied that function without understanding why it does what it does, and as a result your code IS GARBAGE. AGAIN.

Hai copiato quella funzione senza capire perché fa quel che fa, ed il risultato è che il tuo codice è SPAZZATURA. ANCORA.

Chiaramente il messaggio ha portato tutto tranne che serenità, tanto che lo Steven Rostedt, lo sviluppatore, dopo essersi sorbito lo shampoo, ha ribattuto specificando come il suo coinvolgimento nella patch fosse sostanzialmente per dare una mano e non per diventare un esperto della materia (che nello specifico era eventfs), aggiungendo un’altra chicca:

Ironically, one of the responsibilities that I’ve been putting off to fix up eventfs was writing that document on a support group for maintainer burnout. :-p

Ironicamente, una delle responsabilità che ho messo da parte per sistemare eventfs è stata quella della scrittura del documento relativo al gruppo di supporto per il burnout dei maintainer. :-p

Risposta che ovviamente sarà ben lungi dall’essere risolutiva nei confronti della questione, ma che la dice lunga su cosa ci voglia per lavorare nel Kernel Linux, ossia competenze, capacità e tanta, tanta pazienza per sopportare Linus Torvalds.

Tanto perfetto nell’essere il maintainer di uno dei software più importanti del mondo, quanto zoppicante quando si tratta di empatia.

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

7 risposte a “La tempesta di neve non ha fermato il Kernel Linux, ma nemmeno giovato all’umore di Torvalds”

  1. Avatar Alessandro Scarozza
    Alessandro Scarozza

    quello che non ho mai capito è che prima che una MR arrivi a torvalds deve passare vari step, e se vengono superati io non darei la colpa tutta al developer ma anche a tutte le persone che hanno portato avanti la cosa.

    o ci sono delle casistiche in cui si saltano gli step ed aziende partner come google riescono ad arrivare direttamente a torvalds ?

  2. Avatar Fedewiico
    Fedewiico

    Scusate la domanda ignorante, ma tutti i merge di tutte le pull request sono in carico a Linus Torvalds?
    Se si, cosa succederà in futuro quando lui non ci sarà più?

  3. Avatar Raoul Scarazzini

    Sul “deve passare vari step” penso esistano dei grossi distinguo. Fermo restando che come dici tu in teoria una revision iniziale sul lavoro viene effettuata dagli altri sviluppatori (e che se si tratta di sottosistemi questi hanno dei maintainer dedicati che intervengono prima di Torvalds), temo che tanto per via della mole di lavoro che c’è nel Kernel, quanto per i ritmi frenetici, il parafulmine di tutto lo faccia sempre e comunque Torvalds.

    Il punto centrale della questione è che però questo non può in alcun modo giustificare i comportamenti che immancabilmente emergono. Tutti ridiamo e scherziamo ed io stesso lo cito anche qui come Dittatore Benevolo, ma vedersi giudicare “uno schifo” (per essere fini) il proprio lavoro non deve essere facile. Per nessuno. E prima che qualche buontempone se ne venga fuori con il consueto “Ha fatto bene, quello sviluppatore se l’è meritato” vale sempre la pena ricordare come son tutti bravi a scrivere dal divano, ma quando sei tu in prima persona a vivere le cose, beh, è un tantino differente.

    Ammiro molto Rostedt per come ha gestito la cosa. Al suo posto buona parte dei leoni da tastiera avrebbe chiamato subito Le Iene o Striscia la notizia.

  4. Avatar Raoul Scarazzini

    Penso tu abbia fatto LA domanda.

    Allo stato attuale delle cose la centralità del ruolo di Torvalds è assoluta, sebbene in teoria il progetto è strutturato per sopravvivergli. Considera che al Kernel lavorano tra le centinaia e le migliaia di persone, è uno dei progetti open-source più attivi in assoluto. Quindi mi viene da dirti che, come tutti i grandi progetti nati da una persona e poi esplosi in maniera così esagerata, è difficile pensare che senza Torvalds il Kernel muoia. Certo subirebbe dei cambiamenti consistenti. Magari, chi può dirlo, si leggerebbero più “Thanks” e “You’re welcome” invece di cose tipo “your code IS GARBAGE. AGAIN.” 🙂

  5. Avatar Alessandro Scarozza
    Alessandro Scarozza

    certamente, credo sia fuori discussione che i modi siano sbagliati a prescindere, sopratutto per via del fatto che queste conversazioni non sono private ma pubbliche, è una cosa orribile.

    ammesso proprio che volessi offendere qualcuno io me la prenderei con il/i mantainer di quel ramo che non ha/hanno notato i problemi prima di me e non con il dev che ha scritto il codice.

  6. Avatar JustATiredMan
    JustATiredMan

    Si fermerà il mondo ovviamente…
    Scherzi a parte, io ipotizzo che ci sarà una guerra civile in ambito Linux, per la spartizione del “potere”… ci sono in mezzo aziende e privati, e poi, siccome non se ne verrà a capo, ho il sospetto che ci saranno N fork del kernel, tanti quanti sono i gruppi di “potere”.
    Mi consola solo il fatto che per allora, sarò probabilmente passato anch’io a miglior vita, o giù di lì, per cui, almeno per me, non sarà più un problema.

  7. Avatar Raoul Scarazzini

    Aggiungerei anche un aspetto che i più ignorano: indipendentemente dalla qualità del codice prodotto, già solo la capacità di generarlo rende la persona che lo ha fatto superiore alla media di un buon 90% degli operatori del settore. Questo per dire che: a) ci vorrebbe un po’ più di rispetto b) lavorare al Kernel è una vitaccia, difficile e sempre passibile di critica… Non è che così si invitano altri ad aggregarsi.

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