
Ogni volta che qualcuno si trova a parlare di open-source in Italia, specificamente dell’utilizzo di software open-source negli ambiti in cui avrebbe più senso come la pubblica amministrazione, si finisce per farsi prendere da una certa depressione. Lo dimostrano i commenti al recentissimo articolo scritto a proposito dell’abbandono (o della volontà di abbandonare) Microsoft ed il pacchetto Office da parte del ministero per la digitalizzazione danese: “in Italia non succederà mai” è stato il commento più benevolo.
Eppure, se è vero che alcune difficoltà sono oggettive, l’orizzonte ha tinte meno fosche di quello che i più pensano.
L’affermazione arriva dopo aver letto l’ultimo Country Intelligence Report 2025, pubblicato da Interoperable Europe–OSOR (Open Source Observatory, di cui da sempre seguiamo con attenzione le notizie), il quale offre una panoramica sorprendentemente positiva sullo stato dell’open‑source in Italia, in particolare nella pubblica amministrazione.
Non si tratta solo di buone intenzioni, ma di politiche concrete, strumenti tecnici, e una cultura del riuso che sta mettendo radici solide. Il report è scaricabile da questo link, ed un suo riassunto è in questa immagine:

Nel report appare chiaro come il Dipartimento per la Trasformazione Digitale, AgID e pagoPA abbiano adottato strategie chiare per rafforzare l’uso del software libero e aperto, all’interno di quello che è stato battezzato come Piano Triennale per l’Informatica nella PA, il quale è strutturato su tre principali scadenze:
- Entro la fine del 2024:
- Almeno 100 pubbliche amministrazioni dovranno pubblicare software open source su Developers Italia.
- Almeno 2.600 pubbliche amministrazioni dovranno riusare soluzioni software open source disponibili su Developers Italia.
- Entro la fine del 2025:
- Almeno 125 pubbliche amministrazioni dovranno pubblicare software open source su Developers Italia.
- Almeno 2.800 pubbliche amministrazioni dovranno riusare soluzioni software open source disponibili su Developers Italia.
- Entro la fine del 2026:
- Almeno 150 pubbliche amministrazioni dovranno pubblicare software open source su Developers Italia.
- Almeno 3.000 pubbliche amministrazioni dovranno riusare soluzioni software open source disponibili su Developers Italia.
A compendio di questo piano, le linee guida sull’acquisizione e sul riuso del software sono state aggiornate e rese più accessibili ed il Codice dell’Amministrazione Digitale è stato riformulato per riflettere il valore dell’open‑source come elemento strategico. Non si parla più di “possibilità”, ma di indirizzo preferenziale.
Parallelamente, si stanno affermando nuovi attori e comunità. Il Centro Competenza di Riuso e open-source (CCROS) fornisce supporto alle PA, mentre associazioni come l’Italian Linux Society e il PDP Free Software User Group animano la scena con eventi, formazione e consulenza.
L’ecosistema open-source in Italia è quindi un ecosistema vivo, dove la tecnologia incontra il bisogno di autonomia digitale. Quanto questo si tradurrà in concreto è però da verificare, perché se è vero che ormai l’adozione dell’open‑source non è più un esercizio da pionieri, numeri effettive sulle tappe che dovevano essere già concluse nel 2024 al momento non ne sono stati pubblicati, o almeno non siamo stati in grado di trovarli.
Prendiamo, in conclusione, quel che viene: a dispetto del sentore comune, l’Italia, almeno nelle intenzioni, si sta muovendo con decisione verso un modello digitale più maturo, trasparente e sostenibile, in cui l’open‑source è un elemento fondante.
È sicuramente un buon punto di partenza, e monitoreremo con trepidante attenzione i fatti concreti che dimostreranno l’attuazione di questo ambizioso piano.
Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.
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