
Il protagonista di questa notizia è Eric S. Raymond, autore del libro intitolato “The Cathedral and the Bazaar” nel quale vengono definiti i principi cardine dell’etica open-source.
Vien da sé, quindi, come l’aspetto etico sia in qualche modo la materia di Raymond, il quale, essendo molto attivo sul social X, porta avanti discussioni utilizzando la sua esperienza per innescare dibattiti indubbiamente interessanti.
L’ultimo suo post, raccontato da Linuxiac, risale allo scorso 27 settembre e tratta dei “Code of Conduct“, ossia dell’insieme di regole adottate da un progetto che definiscono i comportamenti accettati (e soprattutto) non accettati da parte dei collaboratori.
Giusto per far mente locale, ricorderete come anche nel Kernel Linux esista un Code of Conduct che molte volte è stato al centro di diverse questioni etiche e gestionali che esulavano dagli aspetti tecnici (inutile citare la questione Bcachefs di cui abbiamo fin troppo parlato qui sul portale).
Bene, il giudizio di Raymond nei confronti dei CoC è piuttosto lapidario (al netto dell’autodefinirsi “colui che ha scoperto e scritto le regole dell’open-source“):
After ten years of drama and idiocy, lots of people other than me are now willing to say in public that “Codes of Conduct” have been a disaster – a kind of infectious social insanity producing lots of drama and politics and backbiting, and negative useful work.
Dopo dieci anni di drammi e idiozie, molte altre persone oltre a me sono ora disposte a dire pubblicamente che i “Code of Conduct” sono stati un disastro – una specie di follia sociale contagiosa che ha prodotto un sacco di drammi, politica interna, maldicenze e lavoro utile perso.
E nel motivare questa affermazione presenta tre consigli a proposito dei Code of Conduct:
- Rifiutarsi di averne uno per il proprio progetto.
- Rimpiazzare ogni controversia con la semplice regola “Se sei più fastidioso con gli altri di quanto i tuoi contributi giustifichino, verrai espulso.”.
- Evitare di essere specifici ed elaborati, visto che chi semina zizzania di queste cose se ne approfitta.
Concludendo con un laconico:
Yes, we should try to be kind to each other. But we should be ruthless and merciless towards people who try to turn “Be kind!” into a weapon. Indulging them never ends well.
Sì, dovremmo cercare di essere gentili l’un l’altro. Ma dovremmo essere spietati e senza pietà verso chi cerca di trasformare il “Sii gentile!” in un’arma. Assecondarli non finisce mai bene.
Al netto dei toni volutamente provocatori, il senso dell’intervento è chiaro e consente di riflettere sul senso che si è cercato di dare ai Code of Conduct e sull’efficacia degli stessi.
Interessante la sezione dei commenti al tweet tra ironie di ogni tipo e riflessioni serie che mostrano, su tutte, il fatto che la tematica sia tutt’altro che semplice.
Visto che però questo è MMUL e che la gente che viene qui a leggere le notizie si aspetta un commento, eccolo qua: per far rispettare un Code of Conduct è necessario del controllo, ci vuole cioè una sorta di polizia che si preoccupi di osservare le situazioni anomale ed intervenire di conseguenza.
Questa cosa fa scricchiolare tutto l’impianto poiché troppe volte nel passato l’applicazione dei CoC è stata fatta discrezionalmente, a seconda degli attori che interpretavano la pantomima, e questa mancanza di oggettività nella sua attuazione fa decadere ogni eventuale valenza dello stesso.
Ad onor del vero, però, in questo caso sono io ad aspettare i commenti dei lettori per capire quale sia il sentore generale a proposito di questa tematica.
Certe volte va così.
Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.
Lascia un commento