OpenSource Summit: critiche ad Intel per l’atteggiamento verso Spectre e Meltdown e l’opinione di Torvalds

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La scorsa settimana si è svolto l’Open Source Summit 2018, presso il Vancouver Convention Center, e tra i vari temi affrontati all’interno della conferenza non poteva mancare quello relativo alle falle dei processori Intel, Meltdown e Spectre, ed a come l’azienda produttrice ha reagito e sta gestendo la situazione.

Per fare un riassunto generale partiamo dalla posizione di Greg Kroah-Hartman, sviluppatore del Kernel Linux, il quale ha esplicitamente attaccato Intel accusandola di aver isolato ciascun attore interessato nella tematica. Il termine utilizzato è siloed, che i fan di Nick Fury potrebbero tradurre con “compartimentazione”:

Intel siloed SUSE, they siloed Red Hat, they siloed Canonical. They never told Oracle, and they wouldn’t let us talk to each other.

Intel ha compartimentato SUSE, Red Hat, Canonical. Non hanno mai parlato con Oracle e non ci lasceranno parlare fra noi.

A sottolineare questo punto di vista la dimostrazione di come per questa(e) falla(e) vi siano state soluzioni differenti per ciascun vendor, quando tipicamente nelle fasi iniziali di problematiche così vaste e importanti si lavora sempre in comune. Basti dire che Debian, la distribuzione maggiormente utilizzata nel mondo (nelle sue varianti), non è stata minimamente coinvolta nella discussione. La chiusura è dedicata ad un effetto collaterale positivo e tutto sommato inaspettato, quale la collaborazione tra i mondi Linux e Microsoft Windows, che hanno per forza di cose dovuto fare di necessità virtù.

All’interno di questo ragionamento arrivano i nuovi dati effettivi sull’impatto delle fix alle falle in termini di performance. Nel nuovo report di Phoronix emerge come il Kernel 4.19 testato su CPU Intel di tipo Xeon ha rilevato una lentezza del 10-15% laddove le mitigazioni ai problemi sono state applicate (per le CPU AMD le performance calano del 5%) ed alla luce di questi dati è interessante ascoltare l’opinione di Linus Torvalds, intervistato sempre all’interno del Summit, il quale racconta di come ormai sia consapevole di non conoscere tutto del Kernel, essendo così esteso, ma la chiosa finale su come i problemi vengono risolti è un interessante rimando alle considerazioni iniziali di Kroah-Hartman:

When you have complexity you can’t manage it in a closed environment, you need to have the people that actually find problems and give them the ability to get involved and help you to fix them […] It’s a complicated world and the only way to deal with complexity is the open exchange of ideas.

Quando hai complessità ingestibile all’interno di un ambiente chiuso nasce la necessità di avere persone che scoprano i problemi ed abbiano la possibilità di essere coinvolti, aiutando a trovare la soluzioni […] è un mondo complicato e l’unica via per gestire la complessità è un aperto scambio di idee.

Difficile pensare che queste parole possano smuovere l’atteggiamento di Intel, ma di sicuro servono a rendere la community più aware, al corrente, di ciò che accade intorno. Riguardo a Meltdown e Spectre infine lo abbiamo sempre ripetuto: queste falle non se ne andranno via prima di molto, molto tempo. Perciò l’adeguamento è l’unica via percorribile.

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

7 risposte a “OpenSource Summit: critiche ad Intel per l’atteggiamento verso Spectre e Meltdown e l’opinione di Torvalds”

  1. Avatar Kim ALLAMANDOLA

    Per quanto mi riguarda l’unica via percorribile è imporre de jure il FOSS e l’open hardware. Aggiungendo nello sviluppo sia di architetture che di software il peso e la potenza di fuoco dei governi per avere una sana concorrenza.

    Un tempo non avevamo migliaia di architetture diverse ma almeno una decina, oggi abbiamo praticamente solo x86 e arm, delle anziane (e superiori tecnicamente) rimaste c’è solo un mondo iper-marginale di power e mips, il resto è praticamente scomparso e arm e x86 non sono manco in concorrenza, una domina mobile/embedded e l’altra PC/servers.

    Semplicemente, nel comune interesse, per la salvaguardia della democrazia, è necessario un libero mercato, non un’oligarchia al punto tale da esser monopolio.

  2. Avatar Raoul Scarazzini
    Raoul Scarazzini

    Effettivamente sarebbe interessante capire cosa limita la concorrenza verso Intel. Fermo restando la piccola nicchia ritagliatasi da AMD, per l’x86 tutto finisce lì. Cosa impedisce ad una startup oggi di proporre una CPU basata su open hardware? È un problema di infrastrutture (ci vogliono laboratori troppo sofisticati per produrre le CPU e quindi Intel è l’unica a poterseli permettere) oppure è politicamente difficoltoso muoversi in questo campo?
    Poter osservare dati a suffragio dell’una o dell’altra opzione sarebbe davvero interessante.

  3. Avatar Kim ALLAMANDOLA

    Beh un esperimento mentale può già dire molto: diciamo che arriva un nuovo vendor; per iniziare deve avere un’idea interessante, perché se fa come chessò Elbrus o Baikal chi è che vuol diventare suo cliente? Ora sviluppare questa idea richiede non solo denaro ma anche fabbriche i cui macchinari non sono facilmente acquistabili dal supermarket dietro casa e questo è un altro grosso ostacolo: anche se trovi l’idea prima di trovare i fondi per svilupparla in pratica passano mesi se non anni e quando anche trovi i fondi metter su una produzione richiede altrettanto tempo almeno. Nell’interim la tua idea filtra un paper di qua, un convegno di la, e facilmente il “grande” di turno se la trova interessante ci può metter sopra uno stuolo di ingegneri, con laboratori belli pronti e gente che lavora abitualmente su esperimenti d’ogni tipo, può ovviamente farti anche una super-generosa offerta. In sintesi mi pare facile dire che chiudi prima di aprire.

    Puoi aver più fortuna nel mondo software poiché non hai bisogno altro che di un comune PC, dell’idea e del tempo per svilupparla, il software libero poi è un concetto rodato e noto e tonnellate di persone nel mondo lo sviluppano quindi “prender la tua idea” e renderla un prodotto proprietario non è facile, il mondo industriale al contrario non ha alcuna consuetudine ne collaborazione stile FOSS già in essere. Ovvio che qui vieni limitato dal ferro che hai sotto, e questo oggi è sempre più lucchettato.

    Per me la sola soluzione è avere università che fan il loro mestiere, con fondi e strutture adeguate per tornare ad una situazione in cui l’università è il centro del sapere (pubblico e finanziato da fondi pubblici, quindi non orientato agli interessi del grande di turno) e le industrie pescano ed evolvono le idee universitarie trasformandole da teoria a pratica. Ad oggi le startup significano la privatizzazione della conoscenza e dell’innovazione e per arrivare a questo scenario l’unica via che vedo è l’imposizione per legge di paletti che smantellino la cortina di ferro dei big di turno imponendo il gioco a carte scoperte… Non genera in prima battuta concorrenza ma lasciando liberi i singoli comincia a generare un mondo hobbistico che abbiamo perso e da questo col tempo emergono nuove realtà. Del resto possiamo osservare come modello l’auto italica, come sono nate Lamborghini, Lancia, Ferrari, … Un mondo pionieristico è libero, uno “rodato” no, la via di sviluppo sostenibile quindi dovrebbe mantenere le condizioni di un certo “pionierismo continuo”…

  4. Avatar Raoul Scarazzini
    Raoul Scarazzini

    La statalizzazione delle CPU… Mi piace 😀

  5. Avatar Kim ALLAMANDOLA

    Beh, è una forma di concorrenza, ad oggi non vedo altri soggetti “non troppo in cocca” che possano far un mercato. I grandi del software sono praticamente gli unici che possono investire con potenze di fuoco enormi e che han competenze adeguate, ma direi che questi sono tutti abbastanza monocolore quindi cosa resta?

    Oggi l’informatica “al computer” è ovunque dai sistemi di lancio balistico alle banche passando per il tesoro e i parlamenti, il controllo del traffico aereo ecc. Una garanzia su questi apparati è d’obbligo e la (necessità di) fiducia in un paio di vendor mi pare francamente una debolezza inaccettabile.

    A tema CPU ricordi OpenSparc? Tilera? E vari altri. Han fatto il loro debutto, per lo più in sordina e son rimasti dove son partiti…

  6. Avatar Raoul Scarazzini
    Raoul Scarazzini

    Il problema del discorso università è che è un gatto che si morde la coda, poiché se è vero che idealmente dovrebbero essere entità indipendenti, dall’altro lato sono foraggiate dalle grandi compagnie il cui interesse, ovviamente, è quello di portare in casa talenti ed idee…

  7. Avatar Kim ALLAMANDOLA

    E qui chi può intervenire se non lo stato? Se avessimo un finanziamento di stato, serio, alla ricerca, che interesse avrebbe l’università a leccare le terga dell’azienda di turno? La carriera universitaria sarebbe più appetibile per i più di quella privata e la selezione meritocratica giocando tutti a carte scoperte ridurrebbe, pur non eliminando del tutto, le baronie. ‘Somma non la soluzione perfetta ma certo più gestibile di adesso.

    Quanto alla libertà: se pensi dov’è arrivato il FOSS, se pensi al solo successo di miniboard tipo il raspi direi che sia abbastanza ovvio che gettati i semi le piante crescano autonome, basta ci sia il terreno di base, la “natura” in cui possano germogliare.

    Anni fa Davide Bianchi (soft land org) scrisse un bell’articolo a tema IT su “vuoi pagare il programma o il programmatore?” sui due piedi non riesco a trovarlo ma merita…

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