Saturday’s Talks: dimenticate IBM e Red Hat, Canonical e Ubuntu non sono (ancora) in vendita, parola di Mark Shuttleworth

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Nel corso dell’OpenStack Summit 2018 Mark Shuttleworth è stato nuovamente incalzato sul tema del momento ed ha aggiunto alcune riflessioni importanti che si aggiungono a quelle che avevamo riportato subito dopo l’acquisizione di Red Hat da parte di IBM.

Oltre ad annunciare come Ubuntu 18.04 avrà supporto per ben dieci anni, al fine di andare incontro alle esigenze dei vari utenti, da chi impiega Ubuntu nell’IoT fino a chi opera in ambito finanziario, il CEO di Canonical ha risposto alla domanda che, come sottolinea ZDNet, un po’ tutti vorrebbero fargli:

Dopo che IBM ha speso 34 miliardi per Red Hat considereresti di vendere Canonical?

Ebbene, a dispetto di tutte le supposizioni (comprese le nostre), la risposta di Shuttleworth è stata… Particolare:

No, I value my independence.

No, la mia indipendenza conta.

Questa affermazione offre due spunti importanti, adatti a questa puntata dei Saturday’s Talks: il primo è che il CEO di Canonical ritiene che con l’acquisizione Red Hat abbia perso contestualmente anche la propria indipendenza, il secondo è che se dovesse arrivare un’offerta di acquisto che includa il tenerlo nella plancia di comando (garantirgli quindi indipendenza) allora non è detto che la cosa non si possa fare.

Ora, solo il tempo potrà confermare o smentire la prima affermazione, a conti fatti ad acquisizione completata il rapporto di forze tra le due aziende sarà 4:100, ogni quattro Red-Hatters ci saranno cento IBMmers, leggermente sbilanciato quindi 🙂

Sebbene tutti i proclami e gli annunci parlino bilateralmente di una gestione indipendente del “ramo” Red Hat, esattamente quello che Shuttleworth chiede, il punto della discussione è proprio qui: è davvero possibile rimanere realmente indipendenti dopo un’acquisizione? Personalmente, ne dubito molto, altrimenti perché effettuare un acquisto di tale portata invece di stabilire una “semplice” collaborazione tecnologica?

A questo ragionamento va aggiunta una postilla, infatti anche il rapporto del fatturato di Red Hat confrontato a Canonical è decisamente sbilanciato: 3 miliardi contro 120 milioni. Quindi l’esperimento Red Hat sarà utile a Shuttleworth stesso per capire come riporre le proprie aspettative. È vero che ogni acquisizione è una storia a sé, ma se Red Hat sarà in grado di mantenere la propria indipendenza dopo essere costata 34 miliardi, allora ci sarà speranza anche per la “piccola” Canonical, viceversa sarà presumibilmente impossibile.

Che cosa ne pensate?

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

Una risposta a “Saturday’s Talks: dimenticate IBM e Red Hat, Canonical e Ubuntu non sono (ancora) in vendita, parola di Mark Shuttleworth”

  1. Avatar Kim ALLAMANDOLA

    Da un lato potrei dire che quando una proprietà fa un’affermazione simile vuol dire che ha quasi concluso le trattative di vendita e vuol far salire ancora un po’ il valore per uscirne al meglio lasciando la patata avvelenata a chi resta. Dall’altro potrei dire che Canonical oramai è un’azienda che abbandonato il desktop cerca un suo mercato in cloud+IoT sperando che la popolarità residua negli anni passati paghi ancora bene quindi big del mercato difficilmente possono essere interessati a comprarla essendo oramai una scatola vuota il cui unico reale valore è il brand.

    Ad ogni buon conto il mio interesse per Canonical è finito col suo abbandono di Unity 7 e a mio avviso con quest’ultimo è anche finita l’era nascente del desktop generalista GNU/Linux. Il futuro che vedo (nero) è con noi utenti storici ritornati ad una ancor più ristretta élite/nicchia con sempre maggiori problemi a trovare ferro utile, e la gran massa di utenti stufa del software proprietario continuerà a stare nel software proprietario, innestato come una pianta da un’iniezione di software libero in prigione con i vari WSL/DeX/Crostini/… Da un lato questi bipedi medi crederanno di usare software libero e noteranno che è migliore del proprietario, ovvero saranno meno scontenti di oggi, dall’altro i venditori di bit spenderanno di meno per sviluppare crapware facendo far il lavoro, a gratis, alla community senza nulla dare in cambio.

    Vorrei segnalare un articolo apparentemente scorrelato, che poi manco dice nulla di nuovo perché quanto descritto è la politica classica del mondo inglese credo da sempre [NationalDefenseMagazine] goo. gl/XEqDTF ma che fa benissimo il paio con l’embrace, extend than extinguish ed il trend attuale di “crowd/gamification/startup” che in genere si può leggere come “noi non sappiamo più cosa fare per restare in sella allora anziché competere facciamo lavorare altri al nostro posto fingendo di dargli qualcosa in cambio, coccolandoli, facendoli sentire importanti mentre in realtà spingiamo il cetriolo”.

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