OpenOffice si aggiorna. E no, non è una major release

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Vi ricordate di OpenOffice? Ormai è una dozzina di anni che gli sviluppatori principali, in aperta polemica con il nuovo padrone Oracle, hanno lasciato il loro posto e fondato LibreOffice. Ma il progetto OpenOffice è rimasto, passato ad un certo punto sotto la fondazione Apache, e lo sviluppo è continuato.

Ecco, forse la parola “sviluppo” è esagerata: se dopo quasi 12 anni LibreOffice ha fatto 4 rilasci importanti (dalla 4 alla 7), OpenOffice solo uno (la 4). E stiamo parlando del 2013: non proprio ieri.

Da allora un team di poche persone si è preso la briga di manutenere il software, cosa che viene fatta con grande passione e – va ammesso – buoni risultati: sebbene l’interfaccia risulti un poco datata, la suite funziona ancora ed è tuttora piuttosto compatibile con Office (e LibreOffice).

In questi giorni è stata rilasciata la versione 4.1.13, che segue la 4.1.12 di maggio e la 4.1.11 di ottobre: nessuna cadenza regolare, con update centrati su fix di sicurezza, più che su nuove capacità della suite.
Non trovo termini migliori di agonia per definire la situazione attuale: il progetto non procede, al massimo sopravvive.

Il mondo open-source è bello proprio perché chiunque può prendere un software, personalizzarlo, e rendere disponibile la propria versione migliorata agli altri. E grazie a questa libertà è nato anche LibreOffice. La pluralità di scelte è un bene, perché permette proprio la libertà di scelta.
Ma situazione di OpenOffice evidenzia un problema connaturato con l’open-source (e più volte sottolineato per il mondo Linux): la frammentazione, con la dispersione delle risorse e capacità. Tanto che non è la prima volta che si paventa la chiusura del progetto.

In un campo dove non mancano le alternative (Office 365, GSuite, OnlyOffice, per citarne pochi), forse sarebbe davvero meglio che quel manipolo di sviluppatori che si sta accanendo eroicamente a mantenere attivo OpenOffice si unisca a quello di LibreOffice: si perderà una possibilità di scelta, ma il progetto rimanente sarà più forte di prima. Non credete?

Ho coltivato la mia passione per l’informatica fin da bambino, coi primi programmi BASIC. In età adulta mi sono avvicinato a Linux ed alla programmazione C, per poi interessarmi di reti. Infine, il mio hobby è diventato anche il mio lavoro.
Per me il modo migliore di imparare è fare, e per questo devo utilizzare le tecnologie che ritengo interessanti; a questo scopo, il mondo opensource offre gli strumenti perfetti.

6 risposte a “OpenOffice si aggiorna. E no, non è una major release”

  1. Avatar Eudora
    Eudora

    Provo a suggerire una prospettiva diversa.

    (1) Proviamo a sostituire AOO con Debian e LO con Ubuntu. L’analogia in fondo è meno ardita di quanto sembri. Ubuntu ha maggiore successo, uno sviluppo più veloce, più funzionalità e rilasci regolari. Debian è più conservativa ed ha rilasci irregolari. Eppure penso nessuno si sognerebbe di chiedere al team di Deabin di desistere e di confluire in Ubuntu. La pluralità di metodi, approcci, sfumature che va bene quando si parla di distro Linux improvvisamente non va più bene se si parla di software di produttività dove invece si invoca il pensiero unico. Sarebbe interessante capire il perché. (Generalizzo perché questa è la tesi ampiamente prevalente sul web, non mi riferisco specificamente a MMUM).

    (2) Curiosamente la richiesta di chiudere il progetto AOO e reindirizzare gli utenti su LO è proprio quella spinta da ormai alcuni anni dalla comunicazione di LO che ha trovato il suo apice nella celebre “Open Letter to Apache OpenOffice” dello scorso ottobre. In quel documento c’è tanta arroganza e supponenza, ma c’è soprattutto un malcelato disprezzo per il lavoro altrui. Leggendo la lettera ed i relativi commenti saranno piuttosto chiare almeno due cose. La prima: non c’è una volontà di LO di riunificare i progetti ma solo la volontà di acquisire il marchio, la viabilità e l’utenza di AOO. La seconda: la divergenza tra AOO e LO è ormai anche filosofica come è evidente dai diversi approcci, dai diversi toni, dalle diverse licenze adottate. Ed è in forza a questa distanza che chi oggi lavora a AOO quasi certamente non lo farebbe per LO.

    (3) Sul piano tecnico, è dai tempi di Office 97/2000 che sostanzialmente non si inventa nulla di veramente nuovo in questo settore. Tanto è vero che le uniche novità di peso sono state l’interfaccia a ribbon e l’integrazione con il cloud. In un contesto in cui l’utente anche di buon livello finisce per utilizzare solo una piccola parte delle funzioni disponibili, questa corsa alle nuove funzioni è semplicemente vacua. Anche perché dopo dieci anni di “rapido sviluppo” io fatico ancora a trovare qualcosa che sia fattibile in LO e non lo sia in AOO. Impegnandomi ne potrei indicare 4 o 5, non di più.

    (4) A livello di mercato penso che i dati siano sconsolanti. Se ad un certo punto negli anni 2000 si era arrivati a stimare OpenOffice al 20% ora credo che si viaggi su valori di un ordine di grande inferiore anche sommando le due suite. E’ una sconfitta su tutta la linea che ha visto prevalere le rivalità personali all’interesse del progetto e che probabilmente suggerisce che Sun non aveva tutti i torti quando si mostrava tiepida rispetto ai contributi esterni al codice. Immaginate quegli utenti che in passato, con coraggio, hanno abbracciato OO ai quali oggi si va a dire che quel software non va più bene e che invece ora debbono usare LO. Tutti utenti che ritorneranno felici nelle braccia di Microsoft Office.

    (5) Proprio l’insistenza con cui LO cerca di sabotare il progetto AOO è segnale di allarme inquietante. Se davvero in 10 anni non sono riusciti a superare il trauma del fork ed hanno bisogno del nome, del marchio e dell’utenza di AOO per sopravvivere, allora non c’è da essere ottimisti per il futuro. Non mi stupirei se le maggiori aziende che collaborano con LO ad un certo punto scegliessero la strada del fork e del progetto autonomo per non subire la concorrenza della versione gratuita.

    (6) in merito alla frase “In un campo dove non mancano le alternative (Office 365, GSuite, OnlyOffice, per citarne pochi)” direi che è vero il contrario. Alle tre citate si può aggiungere solo la gloriosa “Wordperfect Suite”. Il resto del mercato è fatto di progetti minori, ottimizzati per il mobile e difficilmente utilizzabili in un ambiente documentale complesso. Un settore quindi in cui esistono solo 5/6 nomi, la metà dei quali già ampiamente orientata al cloud e quindi poco interessata al desktop. Non mi pare proprio che auspicare una ulteriore riduzione dell’offerta si un bene.

    Saluti

  2. Avatar Marco Bonfiglio
    Marco Bonfiglio

    Ciao Eudora,
    grazie per il contributo: un altro punto di vista è sicuramente interessante, e sempre ben accetto.
    Però, non condivido alcune dichiarazioni: cerco di rispondere punto per punto.

    (1) Non sono d’accordo che il paragone sia del tutto accettabile. Ubuntu è nato con un obbiettivo specifico, tuttora perseguito, di rendere più user friendly l’esperienza Linux, ed ha scelto Debian come partenza. Quindi Ubuntu e Debian non si sono separate per questioni di “padrone”, ma sono partiti come alternative. Entrambi i progetti possono contare su un numero piuttosto elevato di contributi, e il lavoro di sviluppo portato avanti pare comparabile tra i due sistemi (sì, più per Ubuntu, ma è anche quello che essendo commerciale deve pubblicizzarli di più).

    (2) In principio non sembrava OpenOffice potesse rimanere… open. In particolare, la prima cosa fatta da Oracle è stata unificare StarOffice (la versione commerciale) ad OpenOffice, e solo dopo trasformare questo prodotto di spirito commerciale in uno sotto il tetto di Apache. La scissione interna degli sviluppatori è avvenuta prima di quest’ultima modifica, ed ha lasciato un team molto esiguo (qualcosa come mezza dozzina).
    Che l’intento della richiesta di riunificazione sia solo per carpire il marchio (e gli utenti) è pura interpretazione personale, che non condivido affatto.

    (3) Sul piano tecnico LibreOffice ha portato molte innovazioni, compresa una maggiore compatibilità coi documenti scritti in formato Office (e non solo in lettura), ma in particolare le differenze sono “sotto” il cofano: uso dell’accelerazione OpenGL, gestione dei processi e della memoria, sipporto a Java 11 e successive. Dettagli, forse, ma che possono fare la differenza nella user experience.

    (4) Per Windows il prodotto è Office, non ci sono molte discussioni. Se parliamo di mercato per LibreOffice e OpenOffice, di fatto parliamo del mondo Linux – che guarda caso vale circa il 2% dei desktop. E credo che LibreOffice abbia ampiamente vinto la partita.
    Proprio perché di fatto il software di produttività è LibreOffice, non ha senso disperdere ancora delle forze su un prodotto molto simile ed usato solo da pochi. Facendo ancora meglio con LibreOffice, questo potrebbe poi essere volano per Linux – proprio come fatto da Microsoft con Office e Windows.

    (5) Anche su questo punto non sono affatto d’accordo: il sabotaggio non lo vedo, come non vedo il trauma. Perfino tu sottolinei come LibreOffice sia riuscito a crearsi una credibilità autonoma tale per cui ha collaborazioni commerciali, pertanto trovo difficile che voglia buttare via tutto questo lavoro per ricominciare da capo con un marchio diverso – per di più messo da parte.

    (6) L’orientamento al cloud è fondamentale anche per il mercato desktop: moltissime applicazioni ormai non sono altro che un’interfaccia web di servizi remoti. La cosa è molto evidente con quasi tutti i prodotti di messaggistica (Slack e Teams, per citarne due) ma si sta allargando sempre più. Quindi, fare distinzione tra prodotti orientati al web e quelli autonomi sulla macchina non ha molto senso, oggigiorno.
    Ma anche volendo limitarsi ai prodotti desktop, se finché esiste almeno una alternativa ( e con OpenOffice, LibreOffice e FreeOffice siamo a 3, per rimanere in ambito gratuito), esiste una libertà di scelta.

    Per come la vedo io OpenOffice e LibreOffice si sovrappongono tanto da poter essere un unico prodotto, e quindi anche gli sviluppatori potrebbero essere uniti. L’eventuale abbandono del primo per contrarsi sul secondo servirebbe a migliorare la qualità di un prodotto senza perdere libertà di scelta: un modo per ottenere vantaggi da tutti i lati.

  3. Avatar xan
    xan

    è quasi tutto senza senso

  4. Avatar amedeo lanza
    amedeo lanza

    Ubuntu è una derivata di Debian mentre LibreOffice mi risulta essere un fork con buona parte del codice riscritto. Non semplicemente adattato e ottimizzato per comporre una distribuzione.

  5. Avatar carlo coppa
    carlo coppa

    Un tipologia del rilascio più lento, non ne fa un progetto morto, in quanto Debian pianifica le proprie uscite, che di fatto sono abbastanza regolari, AOO invece da ormai tanti anni non rilascia una nuova versione, se non fix di sicurezza (almeno quelli…) e non sembra pianifichi più niente da tempo e questo si può essere il segno di un progetto morto.

  6. Avatar JustATiredMan
    JustATiredMan

    1) il paragone non mi pare molto sensato. Debian continua ad essere regolarmente mantenuta con rilasci abbastanza pianificati, ed in ogni caso Ubuntu deriva da Debian. LO è un fork e di brutta, non una derivata, ossia non prende codice da AO, anche perchè AO è fermo da anni e dubito ci sia codice nuovo dato che non rilascia quasi più nulla.
    2) Boh, nella open letter non c’ho visto stò disprezzo, ci vedo solo una descrizione della realtà così com’è, ed un invito ad unire le forze in un unico progetto.
    3) si è vero che di nuovo nuovo c’è poco, ma in ogni caso, mantenere ed ottimizzare è un processo continuo.
    4) anche questo è vero… purtroppo li non è colpa della sola suite o della bontà del software. Il problema è che M$ può permettersi investimenti mostruosi in marketing, di far trovare installato il software sulle nuove installazioni di windows e così via. E non ultimo, le abitudini, sopratutto per chi il software lo usa solamente (vedi uffici), sono difficili da cambiare. Se vuoi è un pò la stessa ragione perchè nonostante Gnu/Linux sia dovunque, nel desktop Windows rimarrà per sempre sulla vetta.
    5) Oddio… sabotaggio ? se c’è, dove lo vedi ? magari mi mancano delle informazioni…
    6) è un pò lo stesso discorso del punto 4. E’ ovvio che se non si riescono a cambiare le abitudini delle masse, se vuoi continuare a sopravvivere devi trovare sbocco da un altra parte, e il cloud può essere uno di quelli. Ma non è che togliendo un progetto, sopratutto se poi le forze le sposti in un altro più diffuso o meglio mantenuto, sia un male. In un mercato dove hai un soggetto che ha il 99% forse per mantenere ed aumentare quell’ 1% rimanente, almeno inizialmente, unire le forze non la vedo una brutta cosa.

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