Tutte le novità che sta presentando Red Hat in ambito storage, tra la nuova release di Stratis ed il nuovo Composefs

0

È un momento molto caldo per quanto riguarda gli annunci di Red Hat in ambito storage, infatti nel giro di una settimana sono stati annunciati un aggiornamento ad un progetto esistente, cioè Stratis, ed addirittura una nuova proposta per quanto riguarda i filesystem che si chiama Composefs.

Partendo dal “vecchio” Stratis, anche se stiamo parlando di una tecnologia che ha visto la sua prima release 1.0.0 emergere nel 2018, è stata annunciata la versione 3.4.0, che contiene tutta una serie di migliorie e cambiamenti che vale la pena di consultare nella pagina GitHub del progetto, file CHANGES.txt.

Per quanti non la conoscessero, Stratis è una soluzione storage che utilizza il filesystem XFS e si poggia su device-mapper e LUKS utilizzando un backend LVM, di fatto creata per emulare le funzionalità dei filesystem come ZFS o Btrfs. Gestibile mediante il demone stratisd ed il tool stratis-cli è stato incluso in Red Hat Enterprise Linux 8 e da allora lo si può scegliere come soluzione, supportata, per il proprio storage. Al centro di quest’ultimo update c’è il linguaggio di programmazione Rust, che abbiamo imparato a conoscere nell’ambito della sua inclusione nel Kernel Linux.

L’altro annuncio di cui parlavamo in apertura è quello di Composefs, che nelle intenzioni dei suoi sviluppatori, che sono Alexander Larsson e Giuseppe Scrivano di Red Hat, vuole essere un filesystem Linux nativo utile nei contesti di condivisione e la cui principale finalità è quella di verificarne l’immutabilità.

Avrete già capito come il contesto di utilizzo ideale per questa tecnologia sia quello dei container, e la spiegazione di come lo si può utilizzare è chiara dalla pagina GitHub del progetto:

# mount /path/to/blob -t composefs -o basedir=/path/to/content /mnt

Pertanto, come detto: contesti di sharing e container. Ad oggi quando si estrae un’immagine di un container nell’archivio locale, normalmente si decomprime ogni livello. Utilizzando Composefs è possibile archiviare il contenuto del file immagine basandosi sul contenuto e quindi generare un file Composefs per il livello (e in futuro anche “i” livelli combinati).

Le prime patch per l’inclusione nel Kernel sono già state presentate, non rimane da capire se la tecnologia avrà successo, ma nel frattempo è certamente qualcosa di nuovo da imparare, perché no?

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *