C’è una distribuzione Linux che vanta tre milioni di installazioni certificate, ed è la cinese UOS

Con un annuncio in pompa magna che lascia poco spazio ai dubbi, l’azienda cinese UnionTech ha comunicato che la propria distribuzione Linux, che si chiama UOS (che sta per Unity OS o Unified OS), ha superato le tre milioni di installazioni.

La notizia è riportata da The Register e supportata dall’analisi del post originale, in cinese, che è stato tradotto e all’interno del quale emergono i dati:

The record for the number of hardware and software adaptations of a domestic operating system was broken by Unisys UOS!

According to the latest official data, the number of hardware and software adapters for UOS has officially exceeded three million.

It has become the first operating system in China to achieve this goal.

Il record per il numero di installazioni hardware e software di un sistema operativo domestico è stato battuto da Unisys UOS!

Secondo gli ultimi dati ufficiali, il numero di installazioni hardware e software per UOS ha ufficialmente superato i tre milioni.

È diventato il primo sistema operativo in Cina a raggiungere questo obiettivo.

UnionTech è l’azienda cinese di cui abbiamo parlato indirettamente qualche anno fa, nell’articolo La Cina fa un passo importante verso Linux, e che tra le altre produce anche la distribuzione Deepin Linux.

UOS fa parte del catalogo UnionTech e le cifre annunciate si riferiscono verosimilmente, dice The Register, al numero di sottoscrizioni a pagamento di UOS vendute e funzionanti. Si tratta comunque di interpretazioni verosimili, piuttosto che di realtà consolidate, poiché sempre di cinese si tratta e quindi è tutto derivante dalle traduzioni.

Questo numero fa di UOS la prima distribuzione cinese a raggiungere una cifra simile, e non solo nell’ambito Linux, ma proprio a livello di installazioni di sistema operativo. Non inganni il numero che può sembrare basso rispetto al potenziale (ed immenso) mercato cinese: si sta parlando di vendite di sistemi operativi per cui esiste una controparte gratuita.

Da qui forse la volontà di annunciare in un modo poco affine allo stile solitamente riservato delle aziende cinesi.

La notizia in sé non dice molto altro su quello che è lo stato di Linux sul mercato software cinese, ma ricorda come non sia affatto da trascurare il contributo al mondo del pinguino offerto dalla Cina, come recita l’articolo infatti Huawei è stato top contributor al Kernel Linux 6.1 ed è allo stesso tempo produttrice di distribuzioni che sono CentOS based, e come tutti sanno con il 2024 CentOS cesserà di essere aggiornata.

Ecco quindi uno scenario interessante: cosa accadrebbe se Huawei aderisse ad OpenELA?

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

4 risposte a “C’è una distribuzione Linux che vanta tre milioni di installazioni certificate, ed è la cinese UOS”

  1. Avatar Raoul Scarazzini

    Beh la teoria in sé ha un suo perché, poiché contiene il fondamento stesso dell’open-source: a far evolvere (ed a rendere sicuro) un software non è la sua chiusura verso il mondo, ma al contrario la sua trasparenza. Ed è lo stesso motivo per cui per quanto chiunque possa pensare di inserire spyware/malware o altro in progetti open-source in realtà è molto più difficile di quel che si pensi.

    La partecipazione ai progetti open-source generalmente funziona così:

    – Scopro un bug o voglio aggiungere una funzionalità al software X.
    – Clono il software X localmente e creo localmente una patch che comprende il mio lavoro.
    – Creo quella che è definita una “pull request”, che consiste nel proporre la mia patch al progetto originale chiedendo che venga inclusa nel sorgente.

    – Dipendentemente dal progetto, ci sarà qualcuno (una persona, un processo o più di entrambi) che valuterà la proposta e se questa rispetterà i criteri del progetto allora verrà inclusa.

    Quando leggi notizie tipo “aperta la merge request per la versione 6.7 del Kernel Linux” quello che sta succedendo è che Linus Torvalds (proprio lui, in persona), valuta ad uno ad uno i contributi proposti dagli sviluppatori, per includerli nella release.

    Spero di aver reso l’idea. Poi ovviamente ciascun progetto ha i suoi criteri, ma in linea di massima è così che va.

  2. Avatar Raoul Scarazzini

    Sostanzialmente sì 🙂 per quello è chiamato “Dittatore Benevolo”, di fatto lui è il deus ex machina dell’intero Kernel.
    Provo ad anticipare una tua domanda: dovesse mancare lui le cosa dubito si fermerebbero.
    È vero che riveste un ruolo cruciale, ma ci sono altre persone che lo affiancano le quali permetterebbero comunque all’ingranaggio di continuare a funzionare. Magari all’inizio con difficoltà, ma penso si possa affermare come il Kernel Linux non dipenda da una sola persona.

  3. Avatar Black_Codec

    Lui ha il dictat finale ma ha un team molto ristretto che rivede e approva le patch, se dovesse venire a mancare lui esiste già un erede. Detto questo quello che dici è corretto tuttavia nessuno vieta alla cina di inserire codice malevolo nei suoi repository… In passato proprio deepin linux fece cose un pochino scomode a livello di tracciamento utente e tutt’ora wps office (ottimo prodotto ma usato solamente flatpak) prova a inviare dati “statistici” ai loro server… Diciamo che sembra faccian di tutto per farsi voler male.

  4. Avatar carlo coppa
    carlo coppa

    Se così non fosse, molto probabilmente Linux sarebbe poca roba e molto probabilmente non funzionerebbe come dovrebbe su molti dispositivi.
    Si chiama open source o software libero, ci sono tante aziende che contribuiscono al kernel.
    Se invece il problema è che è cinese, è solo un pregiudizio, il codice è pubblico, viene revisionato e chiunque lo può fare (competenze permettendo), inoltre sono tanti gli sviluppatori cinesi, ed essere cinese non equivale ad essere filo governativo tra l’altro.

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