Una retrospettiva del caso SCO contro Linux (IBM), vent’anni dopo va forse detto grazie alla prima dei Troll di brevetti

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In un mondo in cui ci troviamo quotidianamente ad analizzare situazioni assurde come quelle dei troll di brevetti, è interessante tornare a parlare di SCO, vent’anni dopo l’avvio della causa più grottesca che abbia mai riguardato Linux (personificata in quel momento da IBM) ed il suo codice.

L’ultima volta che abbiamo parlato di SCO è stato a fine 2021, nell’articolo SCO vs. IBM Linux, adesso è finita per davvero! Davvero? in cui raccontavamo della (presunta) fine della famosa causa intentata da un’azienda che per giunta era ormai fallita.

LWN.net aiuta a riavvolgere il nastro ed a tirare alcune conclusioni vent’anni dopo.

Tutta la vicenda è nata quando SCO ha accusato Linux di essere una proprietà rubata. Il ragionamento su cui le accuse di SCO si basava era, per l’appunto, grottesco: non sarebbe infatti stato possibile per Linux raggiungere rapidamente gli standard di prestazioni UNIX (a livello enterprise) senza l’appropriazione indebita di codice, metodi o concetti UNIX.

Come risarcimento per questo misfatto SCO chiedeva inizialmente un miliardo di dollari, presto cresciuti a cinque, trascinando una causa infinita e coinvolgendo anche utenti Linux per mezzo di “tasse” da pagare per l’uso del sistema.

Cinque miliardi, capito? Altro che i Troll dei nostri giorni!

La parte più esilarante di tutta la vicenda riguarda le prove di questi misfatti: le accuse di SCO infatti non sono mai state dimostrate in alcun modo. Ma si sa, la giustizia americana ha i suoi tempi (e noi che ci lamentiamo di quella italiana).

Opinione diffusa al tempo della causa era che il vero obiettivo di SCO fosse quello di spingere IBM ad acquisire l’azienda, ma in ogni caso la strategia fallì miseramente. IBM rispose invece con tutta la sua forza legale e, fortunatamente verrebbe da dire, SCO andò in pezzi e finì acquisita da Microsoft.

Quindi, in conclusione, la tecnologia “appropriata indebitamente” non esisteva.

Risultò (guarda caso) come SCO non possedesse nemmeno i diritti d’autore sul codice Unix per cui stava facendo causa ed il tutto diventò, se possibile, ancora più grottesco.

Quello che però venne fuori, almeno in termini di community e posizioni di mercato, fu che forse per la prima volta Linux acquisì lo status di entità reale (e non esoterica, come nel 2003 qualcuno la percepiva) guadagnando nettamente in termini di sviluppo, legali ed economici, poiché in una cosa SCO aveva avuto certamente successo: unire la community.

Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.

4 risposte a “Una retrospettiva del caso SCO contro Linux (IBM), vent’anni dopo va forse detto grazie alla prima dei Troll di brevetti”

  1. Avatar JustATiredMan
    JustATiredMan

    Pur condividendo tutto, sul finale sarei un pò meno ”romantico”.
    La realtà è che SCO s’è messa contro il cane sbagliato.
    IBM era ed è un cane troppo grosso per essere attaccato impunemente in questo modo. La quantità e la qualità sia dei fondi che degli avvocati di Big Blue, sono tali da poter perseguire cause come queste all’infinito, e quindi alla lunga diventa una gara di resistenza che solo chi ha fiato può affrontare.
    E’ pur vero che attorno a lei poi si sono raccolti un pò tutti dalla community alle aziende che avevano/hanno a che fare con Linux, ma in ogni caso, lei sola avrebbe potuto affrontare la cosa senza l’aiuto di nessuno.
    Se non ci fosse stata di mezzo Ibm, dubito che le cose sarebbero andate diversamente, e oggi forse dovremmo parlare di Sco/Linux e non Gnu/Linux, e forse dovremmo pure pagare una licenza.

  2. Avatar Raoul Scarazzini

    Penso che gli scenari che racconti siano mutuo-esclusivi, nel senso che se al posto di IBM ci fosse stata (una a caso) Red Hat, l’epilogo sarebbe stato simile. Perché al netto di chi è stato attaccato direttamente, in questo caso IBM, sono quelli che si sono agganciati (quindi tutti) poi ad aver reso chiaro come non ci fosse trippa per gatti.

  3. Avatar Alessandro Scarozza
    Alessandro Scarozza

    io di questa faccenda non ho mai capito 3 cose:
    – su che basi SCO diceva di essere proprietaria di Unix
    – perchè ha attaccato proprio IBM che non mi sembrava cosi focalizzata su linux (pre acquisizione RH) invece che tipo linux foundation o red hat
    – come mai è durata cosi a lungo la cosa? negli usa non hanno tempi come i nostri

  4. Avatar JustATiredMan
    JustATiredMan

    1) E’ abbastanza complicato, e non c’ho mai capito molto. Da quello che ricordo Caldera, che faceva distribuzioni linux, acquisì SCO e ne tenne il nome, e poi acquisì (anche in maniera strana, dato che aveva intentato causa) da Novell, che a sua volta aveva comprato, mi pare, da AT&T alcune royalties su Unix System V, che Novell usò poi nel suo unix che aveva chiamato UnixWare. A questo punto Sco, diventata proprietaria dei diritti del System V, pensò bene di intentare causa a tutto quello che si chiamava Unix di derivazione System V. i vari BSD erano esclusi, visto che arrivavano da un altra branca, mentre Linux seppur era un Unix-Like, rientrava in questa classificazione.
    2) La scelta di IBM forse perchè era il cane grosso, quello con più soldi da spennare. Già allora usava Linux, come istanze nei loro mainframes Z, e DB2 già lo facevano girare sotto linux.
    3) chi lo sà… SCO d’altronde non aveva prodotti da vendere. Gli introiti arrivavano solo da royalties e cause, per cui avranno pensato di tirarla lunga per vedere chi aveva piu fiato… ma hanno fatto male i conti.

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