
C’è stato un momento nella storia di Canonical, l’azienda fondata da Mark Shuttleworth, in cui veniva promosso in tutti i contesti possibili il concetto di convergenza. Si era intorno alla metà dello scorso decennio, ed il piano del creatore di Ubuntu era quello di avere il proprio sistema operativo ovunque, sui PC certo, ma anche sugli smartphone e sui tablet.
A guidare questo piano c’era Unity, un desktop manager derivato da GNOME il cui scopo era quello di uniformare (leggi: creare convergenza) ogni dispositivo con lo stesso look & feel, un po’ come, manco a dirlo, avviene nell’universo Apple.
Solo che poi la storia, e soprattutto il mercato, hanno parlato e nel giro di non molto il progetto di convergenza è stato abbandonato, tanto che già nel 2017 avevamo raccontato del progetto di abbandono di Unity in favore di GNOME che si è concretizzato poco dopo.
Con la scrittura di quell’articolo, ricordo distintamente, nel mio cervello la cartella Unity è stata cancellata, finendo nella discarica di tutte quelle idee potenzialmente vincenti di cui poi non si è fatto più nulla (è ancora là, in un angolo, vicino al Creative Nomad Jukebox).
Poi però, inaspettatamente, ho letto questo articolo di The Register a proposito del fatto che il progetto Unity rischia di non avere più futuro. Così mi sono chiesto: ma era ancora vivo?
La risposta è sì.
Non solo. Nel 2020, lo sviluppatore Rudra Saraswat – che all’epoca aveva 10 anni! – aveva deciso di rilanciare il progetto e da allora ha svolto il suo ruolo di maintainer, tanto che il progetto è un flavor ufficiale di Ubuntu, disponibile all’indirizzo https://ubuntuunity.org/.
Ma veniamo ai problemi: se avete fatto i conti, avrete capito che Saraswat al momento è un adolescente e, come tutti gli adolescenti, deve occuparsi della propria vita scolastica ed in conseguenza di questo ha annunciato di non poter più seguire il progetto con la stessa costanza.
Di questa mancanza di tempo già si sono visti gli effetti, infatti la versione di Ubuntu Unity 25.10 non è stata rilasciata: sono stati trovati bug critici che impediscono di considerare l’ISO pronta. Le ultime ISO sono state generate automaticamente, senza test manuali, e i bug si stanno accumulando man mano che Ubuntu evolve.
Il team attuale non ha competenze tecniche sufficienti per mantenere la distribuzione, ed ammette candidamente di non avere le capacità per farlo. Ha quindi lanciato un appello alla community di Ubuntu per cercare sviluppatori o volontari che possano risolvere i bug, riportare il progetto alla stabilità della versione 24.04 e aiutare a non perdere l’obiettivo della release LTS 26.04 di aprile.
In tutto questo, pur apprezzando gli sforzi degli sviluppatori attuali e di un ragazzo che fino ad ora si è sobbarcato la gestione di un’intera distribuzione (io a 10 anni manutenevo puliti i miei Lego, senza troppo successo), la domanda che scommetto sorgerà a tutti quelli che leggeranno questo articolo è: perché?
A che pro consumare effort per una tecnologia che ha una base di installato estremamente limitata e che, di fatto, si basa su una tecnologia morta?
L’unica risposta possibile è che questo è l’open-source, baby!
Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.



















Lascia un commento