Dallo spazio alle aule di tribunale, queste sono le frequentazioni che Elastic ha fatto nel corso degli ultimi anni.
Scritto in Java, il sistema creato nel lontano 2011 da Shay Banon è diventato negli anni una suite di ottimi (se non i migliori) prodotti che il mercato possa offrire per la ricerca e l’analisi dei dati.
Infatti la suite è utilizzata da colossi come Microsoft, Google, Alibaba, Tencent, Clever Cloud e molti altri tra cui Amazon.
L’azienda di Jeff Bezos è stata volutamente citata successivamente perché ha avuto un ruolo determinante su quello che ultimamente sta accadendo in Elastic in merito a questioni legate al copyright e alla licenza.
Essendo Elastic, un servizio open-source (ha anche delle licenze commerciali per altri prodotti e servizi) non dovrebbero nascere determinate questioni.
Tutto ha inizio nel lontano 2015, quando Elasticsearch venne utilizzato su AWS con il nome di Amazon Elasticsearch Service.
Secondo l’azienda di Banon, Amazon ha adottato una politica aggressiva e questo utilizzo improprio del loro marchio, insieme al altre azioni definite da quest’ultimo poco chiare e false, hanno contribuito a creare la situazione odierna.
Il servizio che viene erogato da Amazon non è frutto di un reale accordo tra le due società e non vi è mai stata una reale collaborazione tra le parti con lo scopo di miglioramento e di renderlo uno strumento sempre più alla portata di tutti, ma solo uno sfruttamento del marchio e del codice.
Introducing the Amazon Elasticsearch service, a great partnership between @elastic and #AWS https://t.co/sCyqOrGt7M
— Werner Vogels (@Werner) October 2, 2015
Senza contare che, nel 2019, Amazon ha deciso di lanciare l’Open Distro per Elasticsearch, rendendo disponibile gratuitamente parte del codice che si ritene copiato dalla licenza commerciale, causando così un grave danno all’azienda.
A valle di questi avvenimenti, Elastic ha deciso di tutelarsi intraprendendo un’azione legale contro AWS e decidendo inoltre di cambiare la propria licenza con Apache 2.0 e SSPL (creata da MongoDB per avvenimenti simili).
Tutto questo con lo scopo d’impedire ad altre aziende di prendere i loro prodotti e fornirli direttamente senza alcun spirito di collaborazione, trasparenza e lealtà tra le parti in causa.
Questo cambiamento molto probabilmente non ha avrà alcun effetto su noi utenti finali del servizio e infatti non cambieranno le licenze di vendita e i prodotti in questione, mantenendo così la struttura che vediamo oggi.
Questo è l’ennesimo esempio di come realtà Enterprise utilizzino prodotti open-source per scopi di marketing e per necessità tecnologiche, senza dare importanza al marchio utilizzato e senza collaborare né mettersi a disposizione nel migliorarlo.
Qui potete trovare la nota che Shay Banon ha lasciato sul blog per spiegare il suo punto di vista sull’accaduto.
Interessato al mondo dell’informatica sin da piccolo, mi piace guardare e interessarmi su tutti i suoi aspetti e applicazioni, specialmente se si parla di server e security.
Se c’è qualcosa che non conosco, adoro approfondire e fare tesoro di ciò che imparo.
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