
Poco più di un anno fa raccontavamo della scelta da parte di Redis di rinunciare alla propria licenza open-source in favore di un’alternativa chiusa. La mossa non aveva sorpreso nessuno poiché, al tempo, non era un unicum e seguiva scelte simili fatte da altre aziende come Elastic, MongoDB e Hashicorp.
In un anno però di cose ne succedono tante, ed il trend che sembrava ormai destinato a ripetersi per tutte le aziende che producono software open-source, ha iniziato ad invertirsi.
Tutto è partito (nuovamente) da Elastic, la quale lo scorso settembre ha deciso di rendere nuovamente open-source Elasticsearch, il suo prodotto di punta, poiché ormai il concorrente sponsorizzato da AWS, ossia OpenSearch, era un prodotto del tutto diverso.
Non è dato di sapere se la scelta di Redis sia la naturale conseguenza di quella di Elastic, nessuno sa se a determinare la scelta sia stata l’adozione da parte della Linux Foundation del fork Valkey ed il fatto che le distribuzioni stanno iniziando a sostituire i pacchetti Redis con quelli del fork (l’ultima è stata Arch, come raccontato qui da Linuxiac), ma il fatto rimane: Redis è nuovamente open-source.
Tra i numerosi articoli che raccontano la notizia, uno dei più interessanti è quello di The New Stack, dove il CEO di Redis, Rowan Trollope, è stato intervistato, esprimendosi in questi termini chiari e concisi:
We had to shake Amazon, Google off our back — and Microsoft to some degree, I spent some time talking to the CEO of Elasticsearch, and it’s exactly the same thing that they went through. It’s really just a repeat of that. When I talked to him, I was: ‘Why did you do that?’ And he was: ‘We had them just copying the code, and we couldn’t put anything into Elastic without [them doing that] — and the main thing was to protect the brand.
Avevamo bisogno di scrollarci di dosso Amazon e Google – ed anche Microsoft in un certo senso. Ho passato del tempo chiacchierando con il CEO di Elastic ed è esattamente la stessa cosa che hanno fatto loro. Si sta ripetendo lo stesso schema. Quando ci ho parlato gli ho chiesto “Perché lo avete fatto?” e lui ha risposto “Ci stavano solo copiando il codice e non potevamo aggiungere nulla in Elastic senza che questi continuassero a farlo. L’obiettivo principale era proteggere il nostro marchio.
Quindi, a quanto pare, ora che Amazon e Google hanno “il loro” prodotto (il fork Valkey), ecco che si ritorna indietro.
Tra i dubbi di chi pensa che questo sia un fuoco di paglia ed invita alla prudenza, vedi Christine Hall di Foss Force, e quanti esultano per il nuovo corso nella speranza che questo si rifletta presto sugli altri prodotti del mercato che hanno avuto sorte simile, si possono tirare alcune conclusioni oggettive.
Chi ha beneficiato di queste scelte?
L’azienda Redis? Evidentemente no.
Le aziende che utilizzavano il prodotto e che ora usano il fork Valkey? Nessuno potrà mai quantificare il peso del technical debt dovuto alla discrepanza in termini di sviluppo tra il fork ed il prodotto originale.
La community? Due prodotti da gestire dividono certamente le forze e gli effort in termini di contributi.
Quindi, nella sostanza, questa vicenda e le altre simili si potrebbe dire che non abbiano giovato a nessuno.
Inevitabilmente tornano a galla riflessioni passate, come il Saturday’s Talks: se la Linux Foundation continuerà con i fork non risolverà mai il problema delle licenze open-source che diventano closed e ci si continua a domandare il perché. Si doveva arrivare a tanto (e altre vicende simili seguiranno) o non si poteva intervenire prima?
Perché il risultato in fondo è un’offerta più frammentata e l’idea che, se qualcosa non va, un’azienda open-source possa cambiare licenza finché le cose non migliorino, ben lungi dall’essere un mondo ideale.
Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.
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