Canonical rilascia Ubuntu 20.04

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Mentre la gran parte di noi rimane reclusa nelle nostre case, ha visto la libertà di circolazione l’ultima release LTS (Long Term Support – supporto a lungo termine) di Ubuntu, la tanto aspettata 20.04 Focal Fossa (un felino del Madagascar, simile alla lince).
In effetti le notizie riguardanti le nuove caratteristiche si sono un po’ rincorse, ma proviamo a farne una piccola panoramica.

Innanzitutto il supporto a OpenZFS: aspettato, richiesto, da alcuni perfino agoniato, è disponibile per l’installazione sul disco di root. Come già lo era per la 19.10, è disponibile una voce nel processo di installazione, marchiata come sperimentale – e solo nella versione desktop.
Per la versione server però è possibile agire manualmente durante l’installazione stessa: tutti i tool e moduli del kernel sono disponibili sul disco di installazione, installando anche il pacchetto zfsutils-linux.

In effetti il supporto è recente, ma l’essere presente su una LTS fornisce qualche garanzia, come per esempio il fatto che sarà sviluppato per almeno i prossimi 5 anni (il periodo di supporto dato alla distribuzione LTS).
L’uso di ZFS fornisce una possibilità molto interessante: la snapshot automatica del disco prima di qualsiasi installazione con apt, con la possibilità di ripristinare quello stato con una comoda voce del menù di GRUB. Davvero comodo.

Ubuntu è famosa anche per basarsi sempre sulle ultime versioni stabili disponibili, e non si smentisce nemmeno stavolta a partire dal Kernel 5.4: l’ultima LTS disponibile. Troviamo anche già pronto il Kernel per WireGuard, che ufficialmente ne è parte solo dalla versione 5.6. Ci basterà l’installazione del pacchetto wireguard-tools per poter usare questa VPN, senza preoccuparci della compilazione del modulo.

Poi troviamo python 3.8, con completa rimozione dell’ormai deprecato python 2. Questo potrebbe dare dei problemi con alcuni programmi non molto mantenuti, che ancora si appoggiano a librerie/sottoprogrammi scritti in python 2 (che non è compatibile con python 3). Ma questi sono problemi dei manutentori che mettono a disposizione i pacchetti.

Forse proprio per rendere loro la vita più facile, Ubuntu fa molto più affidamento sul sistema SNAP, tanto da rendere un pacchetto SNAP anche lo store stesso, ovvero il programma che ne facilità ricerca e installazione.
Il formato SNAP ha la particolarità di creare pacchetti autosufficienti: invece di chiedere la presenza di un certo pacchetto/libreria, ogni programma viene installato in una cartella con tutto quel che gli serve per funzionare. Questo porta ad un aumento di spazio disco usato (una libreria, che per sua natura nasce condivisa, sarà installata ogni volta che un programma la richiede, insieme al programma stesso), ma evita conflitti di versioni. E permette, come nel caso di python 2, di inserire anche software non fornito dal sistema.

Altra componente fondamentale è GNOME, nell’ultima versione disponibile, la 3.36. Oltre ai miglioramenti di prestazioni (già iniziati con la 3.34), troviamo delle novità, alcune da tempo aspettate.
La prima è la possibilità di disattivare la dock (la barra a sinistra, con l’elenco dei programmi preferiti o attivi): personalmente non vedevo l’ora di questa possibilità. Per poterlo fare è necessario installare un componente opzionale, che gestisce le estensioni di GNOME e che si chiama (per l’appunto) “Estensioni”; una volta fatto, aprendo questo programma sarà disponibile un bel tastino per poter disattivare la dock, senza giri complicati o hacking.

La seconda è il cosiddetto fractional scale (scala frazionale): è la possibilità di ridimensionare tutti gli elementi dello schermo a percentuali (quasi) arbitrare, e non solo a multipli di 100. Quindi, diventa possibile impostare anche 125% o 150%, non solo scegliere tra 100% e 200%.
Questo è fondamentale per molti utenti con schermi ad alta definizione (HiDPI), sui quali l’uso di definizioni inferiori (non native) produce artefatti e sgranature, mentre l’uso della definizione nativa genera immagini e testi semplicemente troppo piccoli.
Peccato manchi ancora il supporto ad una scala separata per schermo.

Ultima novità puramente estetica per l’interfaccia grafica è la possibilità di impostare un tema scuro. Negli ultimi tempi questa modalità sta prendendo piede, vuoi perché ritenuta semplicemente più bella, vuoi perché qualcuno (come il sottoscritto) la trova più riposante per gli occhi: dettaglio davvero da non trascurare quando si lavora col sistema 8/10 ore al giorno.

Le novità non finiscono qui, noi abbiamo solo evidenziato le più lampanti. Tra le altre possiamo citare:

  • disponibilità di PHP 7.4, con parecchi miglioramenti in prestazioni;
  • supporto per exFAT, e magari – un domani – il backport dell’implementazione ufficiale di Microsoft, attesa per il kernel 5.7;
  • i driver per schede NVIDIA direttamente disponibili nella ISO, così da poter installare un sistema completo e funzionante che usi queste schede video senza bisogno di internet;
  • livepatch già integrato, e gratis fino a 3 sistemi collegati allo stesso account Ubuntu;
  • eliminata l’icona per il sito localizzato di Amazon.

Insomma, tante cose nuove anche solo rispetto alla versione 19.10, uscita 6 mesi fa, e rispetto alla precedente LTS, la 18.04, possiamo parlare di un altro mondo. E visto che il download è disponibile dal 23 aprile, abbiamo una solo una domanda per voi: l’avete già installato?

Ho coltivato la mia passione per l’informatica fin da bambino, coi primi programmi BASIC. In età adulta mi sono avvicinato a Linux ed alla programmazione C, per poi interessarmi di reti. Infine, il mio hobby è diventato anche il mio lavoro.
Per me il modo migliore di imparare è fare, e per questo devo utilizzare le tecnologie che ritengo interessanti; a questo scopo, il mondo opensource offre gli strumenti perfetti.

4 risposte a “Canonical rilascia Ubuntu 20.04”

  1. Avatar Mauro Miatello
    Mauro Miatello

    OpenZFS o BRTFS? mi serve un FS con snapshot e sto provando il secondo ma mi pare che su ubuntu abbia qualche problemino

  2. Avatar Marco Bonfiglio
    Marco Bonfiglio

    La risposta non è semplice…
    BTRFS è nel kernel da molto tempo, e su openSUSE è integrato con yast per offrire la snapshot automatica in installazioni e aggiornamenti; lo stesso meccanismo è attivabile a mano o anche in maniera automatica/programmata, usando snapper. Mi sembra che lo stesso strumento sia disponibile anche sotto Debian (e derivate, come Ubuntu), e ci sia pure un pacchetto per integrarlo con GRUB e permettere quindi il ripristino di una snapshot.
    OpenZFS è un modulo “aggiuntivo”, ufficialmente in corso di integrazione per Ubuntu, ancora ben marchiato come “sperimentale”, quindi sono possibili sia ripensamenti che problemi. E se parliamo di FS, il problema più probabile è la perdita di tutto il contenuto del FS: se si è pronti a sopportare un tale evento (quindi backup regolari e tempo per il ripristino), questa potrebbe essere, in prospettiva, la scelta migliore.

  3. Avatar Paolo Collenghi
    Paolo Collenghi

    Aggiornato dalla 18.4 sch.Nvidia 660 gti, driver 430, funziona tutto alla perfezione..

  4. Avatar Erlembaldo
    Erlembaldo

    Io utilizzo Debian con Btrfs perché mi pare sensibilmente più scattante nella copia dei dati…
    Davanti a questo articolo mi viene sempre spontanea la domanda: ” Ma perché Ubuntu deve sempre frammentare ulteriormente il mondo Linux?” Prima era Snap, adesso ZFS… non se ne può più… Uniformiamoci con flatpak e Btrfs e lavoriamoci sopra… suvvia.

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