Quella che segue potrebbe dare l’impressione di essere una lettera aperta alla Linux Foundation, ma non lo è. Non è nemmeno un nuovo capitolo di una battaglia personale, poiché non ho il potere di spostare opinioni, né sono membro o collaboratore di alcuna delle fazioni (perché di questo si tratta) coinvolte.
Da contributore di progetti open-source mi sento però parte in causa della tematica, e gestendo da una quindicina di anni questo portale ho sempre cercato di perseguire sopra ogni cosa l’obiettività.
Per questo, dopo aver letto e poi scritto del nuovo fork promosso dalla Linux Foundation per rimpiazzare Hashicorp Vault, ossia OpenBao, e nella stessa settimana aver letto questo articolo di The Register che racconta della nuova licenza “inventata” da Sentry (azienda che produce una app di sviluppo per il monitoraggio del codice) che si chiama Functional Source License (FSL), ho realizzato che se qualcuno non si sbriga a trovare una soluzione alternativa, a rimetterci saremo tutti.
Soluzione alternativa a cosa? Ci si potrebbe chiedere. E la risposta è ai fork.
Sembra infatti che la contromisura alle mosse operate da Hashicorp in merito alla licenza dei propri prodotti decisa dalla Linux Foundation sia una ed una soltanto: promuovere progetti paralleli a quelli ufficiali che mantengano una licenza totalmente open-source.
Il problema è che, a quanto pare, questo atteggiamento si è tradotto in una guerra serrata solo verso Hashicorp, e c’è qualcosa di estremamente sbagliato in tutto questo.
Partiamo dalla prima cosa, ossia il ruolo che la Linux Foundation ha scelto di rivestire, la sua “missione” evidenziata tra le policy indicate sul sito ufficiale:
The mission of the Linux Foundation (“LF”) is to support the creation of a technical and business environment for Linux and open source software.
La missione della Linux Foundation (“LF”) è di supportare la creazione di un ambiente tecnico e commerciale per Linux ed il software open-source.
Una mission davvero ambiziosa, che però pare decisamente alla portata di una fondazione che ha tra i suoi partecipanti buona parte dei più grossi player I.T. del nostro tempo. È bene notarlo però: buona parte, non tutti.
Il contesto del mercato I.T. è mutevole per propria natura e ricoprire un ruolo come quello descritto comporta una forte capacità di adattamento che a volte non coincide con i tempi che ci si è imposti. Citando proprio l’esempio del cambio di licenza Hashicorp, avvenuto il 9 agosto 2023, la LF ha dato tempo 15 giorni ad Hashicorp per cambiare licenza, ed il 25 agosto ha annunciato OpenTofu.
Giusto? Sbagliato? Di certo immediato.
Tornando però ai dati oggettivi, la verità è che Hashicorp è solo una delle tante aziende ad aver compiuto una scelta simile, infatti oggi è tutto un fiorire di licenze che sono in contrasto con l’etica open-source.
Facendo un elenco sommario in ordine pseudo-cronologico:
- Server-Side Public License (SSPL), introdotta da MongoDB ed utilizzata anche da ElasticSearch.
- CommonsClause, utilizzata da Redis.
- Business Source License, utilizzata da MariaDB e da Hashicorp.
- Functional Source License (FSL), l’ultima arrivata, introdotta da Sentry.
Ora, se per ciascuna di queste licenze, che di fatto hanno convertito prodotti open-source in qualcosa di estremamente diverso, esistesse un prodotto fork sponsorizzato dalla Linux Foundation si potrebbe denotare una certa coerenza nell’azione, ma non è così.
Certo, per ElasticSearch esiste il fork di AWS che si chiama OpenSearch, ma a quanto risulta questo non è sponsorizzato dalla Linux Foundation, e nessuna delle altre tecnologie sopra citate risulta ne abbia uno.
Che possa c’entrare con il fatto di essere o meno membri della Linux Foundation? No. Tanto Elastic, quanto Hashicorp sono parte della Linux Foundation come silver member, le altre aziende no, quindi questa non è una discriminante.
Cosa sta determinando quindi la creazione di questi fork? L’antipatia di qualche dirigente altolocato? L’atteggiamento poco collaborativo di Hashicorp? Purtroppo rispondere a queste domande in maniera oggettiva è impossibile, quindi dovranno rimanere in sospeso, ma non si può che constatare come queste siano dinamiche aziendali, scontri che ci aspetteremmo tra concorrenti, perché una regola rimarrà sempre valida: business is business.
Solo che, anche se vi partecipano centinaia di aziende, la Linux Foundation non è un’azienda, la sua mission è quella di favorire la crescita di prodotti open-source (vedi sopra), non quella di creare divisioni e conflitti sulle tecnologie che gli utenti finali adoperano.
È un obiettivo alto, etico, importante.
Possibile che la cosa più intelligente pensata da tutti i responsabili coinvolti sia stata quella di creare dei fork selettivi?
Da sempre appassionato del mondo open-source e di Linux nel 2009 ho fondato il portale Mia Mamma Usa Linux! per condividere articoli, notizie ed in generale tutto quello che riguarda il mondo del pinguino, con particolare attenzione alle tematiche di interoperabilità, HA e cloud.
E, sì, mia mamma usa Linux dal 2009.
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